The Taste of Snow

Harry Potter
Personaggi: ,
Rating: Giallo
Genere: Romantico
Note: One-shot
Numero parole: 2889
Introduzione: Una Parigi che riposa sotto al manto di neve, una panchina immobile in un parco, l'amore di un uomo per una donna.
The Taste of Snow


I primi fiocchi di neve presero a cadere silenziosi. Era dicembre.

L'anima passionale di Parigi riposava sotto ad un candido manto di acqua cristallizzata, mentre lo scorrere del tempo pareva immobile di fronte a quello spettacolo estremamente affascinante. Passeggiando, osservava, in lontananza, il passo frettoloso degli abitanti, scaldandosi le mani dentro le tasche del proprio cappotto. Il parco di Parigi diveniva, in inverno, uno dei luoghi più silenziosi, più incantevoli che un essere umano potesse mai aver visto.

E benché fosse prerogativa di pochi, adorava l'inverno, il vento che le sferzava con violenza le guance, mentre le labbra erano costrette a sanguinare per il freddo estremamente pungente. Poteva sentire l'odore gelido della neve penetrarle dentro, mentre percorreva con decisione un vialetto, ai suoi occhi del tutto inesistente.

E se la neve le appariva tanto affascinante, nient'altro poteva dire di lui.

Era di una bellezza tagliente, come pensò la prima volta che lo vide sedere su quella panchina.

Vestiva sempre di nero, avvolto in un cappotto lungo che copriva interamente la sua figura. Le era capitato di osservarlo più volte, mentre prendeva posto nel luogo dove più adorava sostare ed era rimasta sorpresa dalla sua altezza, un giorno che le era passato di fianco. Non si erano mai rivolti la parola, perché non avevano motivo per parlare; ma quando sedevano l'una accanto all'altro, entrambi sembravano acquisire la consapevolezza della loro vicinanza.

Il piacere portato da quelle passeggiate mattutine parve accrescersi con il desiderio di poterlo vedere.

E si sorprese nel constatare che il suo umore dipendeva molto da quei quindici minuti che sedeva nel parco. Si scopriva a pensare a lui, a se l'avrebbe visto, sentendo la speranza preponderante dentro al suo petto.

E quando scorgeva la sua figura slanciata, chinata sulle pagine di un libro, sorrideva come una bambina a cui era stata regalata una bambola. E allora sedeva anche lei, alla stessa panchina, a volte popolata da altre persone, oltre a loro.

Continuava a recarsi al parco ogni mattina, eccetto che la domenica, dove rimaneva avvolta tra le coperte del suo letto, fantasticando sullo sconosciuto che tanto aveva affascinato i suoi pensieri. Amava pensare a quelle mattine come a degli appuntamenti silenziosi, a cui entrambi partecipavano con un solenne silenzio.

Ed una mattina ebbe l'inaspettato piacere di trovarsi sola con lui.

Il libro dalla copertina rossastra che aveva più volte attirato la sua attenzione, poggiava inerme sulle gambe del suo sconosciuto, completamente immerso in quella che, per lui, sembrava essere una lettura interessante. Non lo aveva mai visto leggere Le Monde, nè alcun altro tipo di quotidiano francese. Solo e sempre quel libro, di cui, per molto tempo, non poté leggerne il titolo.

-*-



Lo vide sollevare una mano, per togliersi dai capelli spruzzi di neve, caduti dagli alberi.

Non aveva mai notato quanto i suoi capelli fossero simili al colore della neve.



-*-

Mancava un giorno alla Vigilia. E nevicava.

La sciarpa nera stava saldamente avvolta attorno al suo collo, proteggendo la sua pelle, riccamente decorata di efelidi, dal freddo pungente di quel giorno. Non indossava alcun capello, bensì aveva lasciato la sua capigliatura sanguigna libera di muoversi lungo le sue spalle.

Scostò, con un gesto meccanico, alcuni fiocchi di neve che gentilmente le si posarono su una spalla.

Il bianco della neve poco si addiceva ai suoi capelli.

Quando si sedette le parve di notare il volto di lui sollevarsi, ma non ebbe il coraggio di alzare i propri occhi per notare quanta verità ci fosse nelle sue supposizioni.

-*-



Natale. Il giorno in cui ebbe il regalo più grande, il giorno che finalmente sentì la sua voce.

Sedevano entrambi, su quella panchina, in quel punto del parco, come era ormai consuetudine; mentre l'uno leggeva, l'altra osservava la gente passare. A Natale il parco era deserto, le persone stavano rifugiate nel calore delle loro case, godendo di quegli attimi felici che raramente sembravano concedersi. A tutto ciò era sfuggito un bambino, che trainava con forza la sua piccola slitta, diretto verso la collinetta che sarebbe presto diventata la sua compagna di giochi.

Quando udì un tonfo, lei sollevò gli occhi.

Si alzò, inginocchiandosi nella neve, di fronte al bambino che tratteneva a stento le lacrime.

"Ti sei fatto male, piccolo?"

"Non, mademoiselle, merci." Puntellò le piccole mani guantate nella neve e riprese a correre con a seguito la propria slitta.

Lo osservò andarsene, notando solo allora, che anche il suo sconosciuto si era alzato con l'intento di prestare aiuto al bambino. E adesso pareva voler mostrar aiuto a lei, con la mano diafana che aveva rivolto nella sua direzione.

Lei accettò quella silenziosa offerta, fino a quando non affondò i suoi occhi in quelli grigi di lui.

"Malfoy. Draco Malfoy." Le strinse la mano.

Lei sorrise. "Genevieve."



-*-

Per un lungo istante, rimasero in silenzio. Infine, le labbra di lei si mossero. "Malfoy."

L'uomo sollevò lo sguardo sulla propria compagna di panchina, scrutandone i lineamenti, sommersi dal bavero del suo cappotto. Lei guardava oltre i cancelli del parco, riversando i propri occhi sulla strada affollata di persone e di macchine. Quanto tempo fosse passato, non seppe dirlo con certezza. Draco fece scendere il suo sguardo di ghiaccio sulle mani che lei teneva raccolte in grembo, prive di guanti ed esposte al gelo invernale.

"L'hai già detto." Disse lui, tornando con la propria attenzione sul libro.

Genevieve scosse con veemenza il capo. Un poco di neve le cadde sulle spalle. "E' un nome familiare. Tutto qua."

"Sei mai stata nello Wiltshire, a sud dell'Inghilterra?" Domandò l'uomo, sfogliando incurante una pagina.

"Può darsi, non lo ricordo." Ammise lei, riducendo gli occhi a due fessure. Un movimento di lui, la portò a volgere lo sguardo nella sua direzione.

"A domani, Genevieve."

Iniziò a nevicare.



-*-

Si incontrarono il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. E ancora. Sedevano sulla stessa panchina, osservando il cemento che lentamente stava tornando a vincere il biancore della neve. Genevieve sedeva con le spalle contro il duro legno, osservando il proprio respiro cristallizzarsi nell'aria del mattino. Draco Malfoy scorreva gli occhi sulle pagine bianche del proprio libro. Tra loro vigilava quel silenzio che nessun essere umano avrebbe mai avuto il coraggio di interrompere.

Genevieve desiderò conoscere quel libro.

Non conosceva Draco Malfoy; non sapeva cosa egli facesse al di fuori di quella mezz'ora che sedeva di fianco a lei. Per questo, il voler conoscere quel libro e non lui, le parve alquanto sciocco da parte sua.

Tuttavia, lei era convinta che dai libri si potesse comprendere molto del carattere della persona che li andava leggendo.

"La Rosa e l'Usignolo." Rispose, un giorno, alla sua curiosità.

"Oscar Wilde." Sussurrò lei, tornando a guardare gli alberi del parco.

E Malfoy non parve sorprendersi.

-*-



"Tutta la notte cantò, e la Luna fredda e cristallina ascoltava. Tutta la notte cantò e la spina entrava sempre più a fondo nel petto dell'uccellino e il sangue scorreva via da lui." Draco lesse, come in un sussurro, quasi per carpire a fondo il significato di tali frasi.

"La rosa divenne rossa, e come un rubino aveva il cuore. Ma la voce dell'usignolo divenne più lieve, le sue ali si chiusero e infine chiuse gli occhi."

Lo sentì sospirare e chiudere il libro con un tonfo. Genevieve si voltò a guardarlo sorpresa.

"Non finisci di leggere?"

"No," Disse, senza guardarla negli occhi. Lei tornò a dedicare il proprio sguardo di cioccolato altrove.

"Mi domando se anch'io avrei agito come l'usignolo." Riflettè lei, guardando un gruppo di bambini giocare a palle di neve nel parco.

Malfoy stiracchiò le labbra in un sorriso che a prima vista parve di sdegno. "L'usignolo è stato solo uno sciocco. Esistono altri modi per rendere rossa una rosa bianca."

Genevieve si voltò a guardarlo, senza tentare di mascherare la propria sorpresa alle sue parole. Infine, si lasciò andare, ridacchiando sommessamente.

"Suvvia, Draco. E' impossibile trasformare un fiore in ciò che non è." Lo schernì, con il sorriso ancora dipinto sulle labbra.

"Ti sbagli, Genevieve. Un metodo esiste."

"E quale sarebbe, sentiamo?" Domandò lei, divertita.

"La magie."



-*-

Il motivo per cui quelle parole l'avevano così profondamente confusa, non seppe spiegarselo. In tutto quel domandarsi, rimaneva sempre e comunque una costante: il dolore vagante che provava da quando conosceva il nome di lui. Draco Malfoy. Esisteva qualcosa di estremamente familiare in quelle due parole. E benché tentasse di rendere quella sensazione familiare qualcosa di vagamente razionale, il suo io sembrava rifiutarsi di volerle aprire la mente a quella conoscenza, come se terrorizzato dalla verità in essa celata.

E i suoi occhi di ghiaccio provocavano in lei le stesse sensazioni.

Genevieve sospirò, guardando il posto vuoto accanto a lei.

Aveva smesso di nevicare.

-*-



Quel giorno lui si presentò con in mano una rosa bianca.

Era rimasta affascinata dal candore di quel fiore, e sorpresa di trovarlo nelle mani di Malfoy in pieno inverno.

"Mia madre ha una serra di rose," Le aveva spiegato, senza darle molte spiegazioni sul perché l'avesse recisa. E Genevieve non fece domande, rendendosi conto che i misteri che avvolgevano il suo sconosciuto erano molti di più di quelli che pensava.

"Una rosa bianca, Genevieve, può diventare rossa." Disse lui, porgendole il fiore nel palmo di una mano. Lei osservò i petali, percependo il vago profumo che veniva emanato da essi.

Poi, guardò con orrore la rosa tingersi di rosso; spaventata, la lasciò cadere a terra, mentre il rosso iniziava a impregnare la neve rimasta. Si osservò il palmo della mano, anch'esso carminio come sangue.

"Presto, ricorderai." Le sussurrò, prima di andarsene, sfiorando l'orecchio di lei con le sue labbra gelide.



-*-

La sua vita non avrebbe mai e poi mai potuto riempire le pagine di un libro; ciò che ricordava della sua esistenza contava solamente di una decina di pagine, niente di più.

Quando aveva aperto gli occhi, quel giorno, aveva avuto la sensazione di aver dimenticato molte cose.

E le persone che circondavano il suo letto, benché mostrassero sorrisi sinceri, non riuscì a riconoscerle. Come, del resto, non riconobbe la donna dai capelli rosso sangue che vide riflessa nello specchio.

Quando, per la prima volta, uscì nelle strade di Parigi, ebbe la sensazione di non averle mai viste. La stessa, identica, sensazione che aveva provato nel vedere se stessa. Soltanto una cosa sapeva. Il suo nome, pronunciato in francese, era Genevieve.

E allora, come Genevieve, imparò ad amare Parigi ed il suo parco.

E con esso, amò quella figura solitaria che spesso e sovente occupava la sua panchina preferita.

Sedendo in quel punto del parco, si poteva scorgere la Tour Eiffel in tutta la sua imponenza, resa ancora più bella dalle luci dell'alba parigina.

Adesso, lui le chiedeva di ricordare.

E non poté non scorgere una certa urgenza nei suoi occhi e nelle sue parole.

"Non esiste solo questo mondo, Genevieve." Le aveva detto una mattina di inizio gennaio.

Lei lo aveva osservato attentamente, ricordando il sangue di quella rosa.

"Esiste un mondo, Genevieve, dove tutte le rose bianche diventano rosse."

-*-



Passò una settimana, prima di aver la possibilità di vederlo di nuovo.

Ogni giorno, si recò nel parco col cuore colmo di speranza, che andava poi infrangendosi nel trovare la loro panchina tristemente abbandonata. E in quei giorni si era scoperta a pensare a lui in modo strano.

La sorpresa era divenuta speranza, e poi preoccupazione. Infine, disperazione.

Non si era accorta di quanto Draco Malfoy fosse diventato la sua quotidianità, l'unico appigliò alla sua normalità. E sedendo sulla panchina, in silenzio, aveva scoperto di provare una solutudine senza precedenti. Aveva scoperto che la sua vita mancava di qualcosa, mancava di un passato. E quale fosse questo suo passato, nessun altro era in grado di rivelarglielo se non Draco Malfoy.

Il giorno che lo vide, un sorriso nacque naturale dalle sue labbra; ma quel sorriso, presto si tramutò in un'espressione preoccupata.

Malfoy sedeva, leggermente disteso, con il capo rivolto verso l'indietro. Se non fosse stato per i suoi occhi estremamente lucidi e per la sua voce pacata, avrebbe pensato che fosse ubriaco.

Non si sedette, semplicemente osservò i suoi capelli color argento ricadere all'indietro, scoprendo un volto mortalmente pallido. Lui percepì la sua presenza, perché increspò le labbra in un vago sorriso. "Ciao, piccola Genevieve."

Lei tentò di sorridere, ma non le riuscì bene.

Draco si sollevò in piedi, di scatto, sorprendendola. Lei fece finta di non notare la mano dell'uomo che, sotto al cappotto, sembrava premere sul torace con quanta più forza disponesse.

"Hai ricordato, Genevieve?" Sussurrò Draco, in un lamento.

Lei scosse il capo, lasciando ondeggiare la sua chioma sopra alle sue spalle. Draco le si avvicinò, afferrandole una ciocca vermiglia di capelli, senza puntare le iridi grige in quelle nocciola di lei.

"Non c'è più tempo. Non ho più tempo, Ginny."

Mosse le labbra, e scomparve di fronte ai suoi occhi.



-*-

Ginny. Ginny. Era stata trapassata da parte a parte senza alcun ritegno.

-*-



"Chi sei tu?"

Gli aveva domandato, guardandolo seduto. Aveva le guance arrossate per la corsa che aveva fatto nel raggiungerlo. Sentiva gli occhi pesanti, segno di una notte trascorsa insonne.

Draco non aveva sollevato gli occhi per guardarla.

E per la prima volta, il suo comportamento la irritò.

"Perché non mi rispondi?" Gli domandò, lasciando che il tono della sua voce suonasse volutamente offeso.

"Perché non è la domanda giusta." Disse lui, senza staccare gli occhi dal suo libro.

E con ciò, non ci fu altro da dire.



-*-

"Chi è Ginny?"

Sedeva, completamente rivolta verso di lui. Aveva di nuovo iniziato a nevicare. Draco fece per parlare, ma lei bloccò il suo tentativo sul nascere.

"Lo so," Sospirò, "Non è la domanda giusta."

-*-



"Chi sono io?" E tali parole le morirono in gola.

Draco Malfoy sollevò lo sguardo; capì di aver fatto la domanda giusta. Osservò l'uomo chiudere il libro con un tonfo, per lasciarlo cadere sul grembo della ragazza.

"Hai mai pensato di non appartenere a questo parco, a questa città?" Domandò lui, scrutandola con il suo sguardo di ghiaccio. Lei rimase in silenzio.

Sì, l'aveva pensato. Da quando aveva visto lui.

"Ti sei mai domandata quale fosse il tuo passato, Genevieve?"

Lei sospirò.

"Ti sei mai chiesta perché conosci così bene l'inglese?"

Fece un cenno con il capo. Draco le afferrò una mano guantata. "Tu non appartieni a questo mondo."

Lei sgranò lo sguardo. "La magia scorre dentro il tuo sangue. Non puoi ignorarla a lungo, Ginevra."



-*-

Ginevra. Ginevra. Aveva amato quel nome solo dalle labbra di lui.

-*-



"Ricordo vagamente."

Aveva sussurrato quelle parole come avendone paura. Tuttavia, Draco si mostrò impassibile di fronte a quella confessione per lei tanto sofferta.

"Ginevra. E' il mio vero nome?" Domandò, speranzosa che lui le rispondesse.

"Ho come la sensazione," Aggiunse, poi, in fretta. "Che in pochi mi chiamassero così."

Draco sorrise velatamente. "Io ti chiamavo così."

Ginevra lo guardò dubbiosa. "E' da tanto che voglio farti questa domanda," Disse, felice di constatare che aveva attratto la sua attenzione.

"Io e te... ecco, intendo dire..." E le sue guance si imporporarono visibilmente.

"Non c'è mai stato un io e te tra noi Ginevra." Ribattè secco lui, sollevandosi in piedi. Lo sguardo di lei era sinceramente ferito.



-*-

"Era magia, Ginevra."

Gli occhi grigi di Draco parvero mostrare sorpresa alla cocciutaggine di lei. Ginevra scosse vigorosamente il capo. "Andiamo, doveva pur esserci un trucco." Affermò lei caparbia.

"Ti rammento," Le fece notare lui. "Che mi sono smaterializzato di fronte a te."

"Anche il mago Houdini poteva farlo."

Draco sollevò un sorpracciglio. Questa le giungeva nuova.

-*-



Osservò titubante l'asticella di legno che teneva in mano. Sollevò, infine, lo sguardo su Draco. Aveva un sorriso soddisfatto stampato sul volto.

"Una bacchetta, hai detto?" L'idea non l'allettava affatto.

Lui annuì. "Solo un mago vero è capace di usarla. Se ne sarai capace, vuol dire che sei una maga."

Il discorso non la convinse poi molto. "Provare per credere." Aggiunse infine l'uomo.

"Ok," Mormorò lei. Draco le afferrò la borsa, lanciandola in terra a qualche metro da loro. "Ehi!" Esclamò, indignata, Ginevra.

"Prova a dire Accio borsa."

"Non è affatto divertente." Sibilò lei, ma alla fine cedette.

"Accio borsa!" Esclamò.

Le ci volle un po' di tempo per compredere che, quella che teneva in grembo, era esattamente la sua borsa.



-*-

Quando lo vide giungere, non potè impedirsi di essere felice. Quella mattina, era stata una rivelazione per lei, scoprire di essere la prima. Si salutarono, ma Ginevra ebbe l'impressione che qualcosa non andasse come doveva solitamente andare.

Parlò più volte in quell'ora che si dedicavano ogni giorno. Benché fosse la fine di gennaio, non aveva avuto ancora il coraggio di chiedergli cosa realmente facesse, oltre al vedere lei.

Ciò che non disse, inoltre, furono le diverse occasioni in cui sembrò ricordare qualcosa. Il motivo per cui non ne parlasse, le era del tutto incomprensibile; ma aveva la sensazione che, se Draco avesse saputo, avrebbe cambiato atteggiamento nei suoi confronti. E questo lo poteva affermare con certezza. Da tempo, lei, aveva cambiato atteggiamento nei confronti di lui.

La notte sembrava ricordare più cose del previsto, gran parte di esse completamente dimentiche la mattina seguente.

Pensando ad una ipotetica famiglia, aveva la sensazione di essere cresciuta con amore ed affetto.

Pensando a Draco, invece, un sentimento acuto la travolgeva come un fiume in piena. Non gli seppe ancora dare un significato.

Realmente, aveva ricordato il mondo magico da cui sembrava provenire e più volte, aveva manifestato il desiderio di tornarvi; ma Draco si era mostrato reticente. E lei non sapeva usare la magia in modo appropriato.

"Ho parlato solo io, oggi," Scherzò Ginevra. "Qualcosa non va?"

"Niente." Rispose vago Draco.

"Ho ricordato anche alcune cose. Vivevo in una famiglia numerosa?"

"Troppo." Sbottò lui.

"Oh, davvero?" Domandò, emozionata.

"Sei fratelli." Sintetizzò Draco.

"SEI fratelli?" Ripetè sconvolta lei.

"Una squadra di Quidditch al completo."

Ginevra sbattè più volte le palpebre. Quidditch?

Intuendone i pensieri, Draco asserì. "E' un gioco magico. Si vola su delle scope."

Ginevra si afferrò il volto con le mani. "Ho cavalcato una scopa?"

A Ginevra non andò giù quel 'Naturale, sei una strega'.

-*-



"Sei come la neve."

"Prego?"

Continuava a nevicare.

I loro incontri erano ormai diventati un appuntamento a cui nessuno dei due mancava. A volte Draco non si presentava, ma Ginevra continuava a domandarsi il perché solo mentalmente.

Ridacchiò all'espressione confusa di Draco. "Hai mai assaggiato la neve?"

L'uomo arricciò il naso. "Mai."

Lei scrollò le spalle. "Peccato. Ti perdi molte cose."

"La neve non ha sapore."

"Non puoi dirlo. Non l'hai mai assaggiata." Ribattè, infantilmente, lei.

"E sentiamo," Disse, sarcastico. "Come sarebbe?"

Ginevra fissò un punto imprecisato. "Quando l'assaggi, è fredda. Ma quando si scioglie, ti senti bruciare."

Ginevra osservò la sua espressione scettica. "Però," Sussurrò. "Vorrei provare un altro tipo di neve."

"Che intendi dire?" Domandò, senza avvedersi del movimento della donna.

Fu solo questione di pochi secondi e le labbra di Ginevra furono sulle sue.



-*-

Quel giorno non c'era neve, ma solo pioggia. Difatti, lui non si presentò. Nè quel giorno, nè il giorno successivo. Ginevra sedeva sulla panchina, incurante che questa fosse bagnata o meno, protetta da un ombrello, bianco quanto la neve che giaceva attorno a lei. Il biancore della neve aveva lasciato spazio al grigiore della pioggia. Il parco era totalmente deserto. Solo gli sciocchi si azzardavano ad uscire con una pioggia così battente. E lei si sentiva veramente una sciocca, nello sperare di trovarlo ad attenderla. Dopo quel bacio, per lei così importante, Draco era sparito. Non si era più presentato, andando ben oltre i quattro giorni d'assenza. Ciò che Draco, quindi, non poteva sapere, era che lei Ginevra Weasley, aveva recuperato tutto ciò che era necessario ricordare. E se fosse stato in definitiva quel bacio a risvegliarla dal torpore in cui si era annidiata, non si sentì di escluderlo. Fu impressionante, come i ricordi presero ad unirsi nel giro di un'unica giornata.

Ginny Weasley. Ventitre anni. Sei fratelli. Auror.

Già, Auror.

Le sembrava paradossale che Draco, Mangiamorte, fosse l'unico salvatore della sua memoria. Come le sembrava paradossale che, un Auror e un Mangiamorte, potessero portare avanti una relazione da ben tre anni.

Un relazione che tutti, forse anche Voldermort in persona, conoscevano. E che tutti in qualche modo, accettavano. Questo perché Ginevra aveva sempre affermato che la sua relazione con Draco era semplicemente una copertura per mirare a Voldermort; esattamente come Draco aveva giurato al suo Signore che Ginevra era l'unico mezzo per colpire l'Ordine ed Harry Potter.

E questo funzionò, fino alla fine di ottobre.

Altra cosa che Draco non sapeva, era che Ginevra era tornata dalla sua famiglia. Senza memoria e senza bacchetta, l'affetto della sua famiglia le era stato completamente precluso.

Tuttavia, Draco probabilmente ricordava l'inizio di tutto ciò; perché Draco stesso ne era stato l'arteficie.

Una battaglia tanto cruenta, non sarebbe mai stata inibita dal tempo. Sia lei che Draco si scontravano in fronti opposti, combattendo i propri nemici, con la stessa ferocia che era necessaria per vincere. Quali fossero i vincitori, quali i vinti, Ginevra non seppe mai dirlo. Era stata catturata da un manipolo inferocito di Mangiamorte e condotta dal loro Signore, Voldermort in persona. Le furono scagliati i più potenti Cruciatus che le fecero rimpiangere le vittime che lei stessa aveva ucciso con tali incantesimi. Ma la guerra era guerra, nessuna pietà era concessa. Come trascorse la sua prigionia, poté solamente immaginarlo, dato che le torture avevano prodotto effetti devastanti nella sua mente.

Trovò comunque il mondo per fuggire, ma non calcolò affatto il suo nemico per eccellenza. Draco Malfoy.

E mentre lo ricordava in piedi, di fronte a lei, vestito di nero con la mascherina d'argento, non poté non pensare al sentimento estremo che la legava a lui. C'era del paradossale a trovarselo di fronte, con la bacchetta impugnata in un mano.

Fammi passare, gli aveva detto. Ma con Draco Malfoy, in qualsiasi circostanza, dalla più intima alla più formale, le parole erano solamente uno spreco di energie.

Eccheggiò solamente un Obliviate! proveniente da quelle labbra che aveva amato e amato più volte. Lei aveva visto troppo, questa era la giustificazione che i suoi genitori le avevano fornito. In realtà, lei era conscia di tutt'altro.

Draco voleva che dimenticasse; che dimenticasse gli Auror, i Mangiamorte, Voldermort. Lui.

Solo così, per lui, sarebbe stata salva.

Parigi divenne la sua nuova casa.

-*-



"Non dovresti essere qui." Disse lei, osservando una figura vestita di nero, appoggiata ad un albero del parco.

"Nemmeno tu." Asserì Draco, avvicinandosi alla panchina che aveva visto nascere i loro incontri. Ginevra non si mosse. Draco sapeva perfettamente che aveva riacquistato la memoria perduta, lo poteva leggere dallo sguardo nei suoi occhi.

Ginevra si portò in piedi, assestandosi il mantello blu notte, appartenente all'esercito degli Auror. "Mancano poche ore. Dobbiamo andare."

"Ha smesso di nevicare." Sussurrò il Mangiamorte. Ginevra l'aveva già notato da tempo.

"Potremmo sempre vedere la neve il prossimo anno." Sussurrò lei, ma lui comprese benissimo, perché mostrò un sorriso amaro.

"Cantò come l'amore è perfezionato dalla morte, e che l'amore non muore nella tomba. Wilde sapeva molte cose per essere babbano."

Lei sospirò.



-*-

Tutto iniziò con la neve. Tutto terminò con essa.

Ginevra Weasley sollevò il bavero del proprio cappotto, sprofondandovi il volto all'altezza del mento. Londra non era così gelida, ma nemmeno così vitale.

La donna dai capelli rossi camminò sicura all'entrata di un parco, sommerso, come ogni anno, da una neve candida e morbida al tatto. Scacciò un poco di essa dai propri capelli, confermando che il bianco poco si addiceva alla sua persona.

Le bastò sollevare lo sguardo per notare che un'altra persona litigava con la neve insistente.

Si avvicinò alla figura slanciata, vestita di nero, che le dava le spalle.

"Non credere che basti così poco per spaventarmi." Sibilò Draco Malfoy, notando la figura alle sue spalle che tentava di non farsi vedere.

Ginevra Weasley scrollò le spalle, annoiata.

Lui sorrise, infilando una mano sotto al suo cappotto. Ginevra lo guardò incuriosita, fino a vedere una splendida rosa rossa nella mano del giovane.

"Potremmo iniziare dalle presentazioni." Le sussurò soavemente in un orecchio.

Lei ridacchiò, sentendo il leggero solletico provocato dal suo respiro. Draco si ritrasse, assumendo un'aria falsamente impettita.

"Draco Malfoy, piacere, signorina...?"

"Weasley. Ginevra Weasley." Disse lei, afferrando possessiva la rosa e baciando delicatamente il ragazzo.

I primi fiocchi di neve presero a cadere silenziosi.

Era dicembre.

Ed era un'altra storia.

'E cantò dell'amore che nasce nel cuore di un uomo e di una fanciulla.'
La Rosa e l'Usignolo ∫ Oscar Wilde
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