Neverending Milky Way
Personaggi: am: inuyasha, am: kaede, am: kagome, am: miroku, am: sango
Rating: Giallo
Genere: Avventura, Azione, Romantico
Numero Capitoli: 17
Introduzione: Sequel di Ritorno al Passato. Quindici anni, quasi sedici, sono trascorsi dalle vicessitudini di Inuyasha e Kagome. Kaeru è cresciuta e custodisce dentro di sè due entità distinte: quella umana e quella demoniaca. A quale delle due rivolgerà il proprio cuore?
06, Aki, figlio dell'autunno
Sbottò per la quarta volta. Non riusciva a credere che esistessero persone così caparbie e testarde, all'infuori di suo padre. Camminava con passo deciso, reprimendo la stizza che stava pian piano traboccando; per un attimo, perfino la Foresta le parve meno minacciosa. Aveva parlato in modo chiaro, diretto e coinciso, ma sembrava non aver affatto funzionato.
"Ehi, ragazzina, di questo passo andrai a sbattere da qualche parte."
"Oohh, ma la vuoi pianta-"
"Appunto." Il ragazzo scrollò le spalle, mentre la ragazza si massaggiava la fronte, dopo aver urtato un ramo basso. La sua ira stava salendo a livelli esorbitanti, sorprendendola non poco, visto che la sua calma era ben conosciuta da tutti. Eppure c'era qualcosa in quell'essere umano che le stava facendo perdere letteralmente la pazienza. Inoltre, stentava ancora a capire il motivo per cui la seguisse. Non poteva trattarsi di pura e semplice cavalleria.
"Non capisco perché ti ostini a seguirmi, umano." Borbottò contrariata, senza nemmeno far caso a come si era appellata a lui.
Kaeru lo vide fermarsi a pochi passi da lei, rivolgendole uno sguardo confuso che la ragazza non comprese.
"Umano?"
Kaeru sbarrò gli occhi, comprendendo il grosso e terrificante errore che aveva commesso. "Nemmeno io so il tuo nome, e a meno che tu non sia un demone, sei un essere umano! Per inciso - non mi interessa sapere come ti chiami."
Riprese a camminare, sperando con tutto il cuore che il ragazzo non dubitasse della sua natura. Aveva visto molto bene come aveva ucciso il demone che l'aveva assalita. Ma, fondamentalmente, non era quello che la stava preoccupando in quel momento. Umano. Non si era mai sognata di chiamare a quel modo qualcuno, nè tanto meno con l'intento di provare disprezzo o fastidio. Non era questo il modo in cui l'aveva cresciuta sua madre.
Immersa com'era nei suoi pensieri non si accorse di un fiordo d'acqua, che scorreva tranquillo a pochi passi da lei. Senza prestare la minima attenzione al ruscello, Kaeru scivolò a causa del muschio che copriva, completamente, ogni sasso presente. Kaeru emise un piccolo grido di sorpresa, infine chiuse gli occhi, provando una fitta all'avambraccio. Da un taglio prese a fuoriuscire del sangue, che andò pian piano a impregnare la manica del suo yukata.
Di questo passo morirò dissanguata, sbuffò osservandosi la ferita.
"A quanto pare non fai altro che cacciarti nei guai, mocciosa." Il ragazzo dai capelli neri fissò Kaeru con una leggera espressione divertita, mentre con un abile salto, atterrò nella sponda opposta.
Kaeru si portò in piedi, imitando il gesto del ragazzo.
"La cosa ti diverte?" Sibilò, guardando il ragazzo con tutta la rabbia che aveva in corpo. Quello fece un cenno d'assenso, allungando infine una mano per catturare il braccio della ragazza.
"Fa vedere."
Capendo le sue intenzioni, Kaeru strattonò l'avambraccio lasciandolo ricadere lungo un fianco. "Non è niente." Passerà, come sempre del resto.
Lo sguardo del ragazzo si fece serio, mentre mescolava il grigio dei suoi occhi con il verde di quelli di lei. "Sei davvero strana."
"E se così fosse? Nessuno ti obbliga a seguirmi, mi pare." Disse con tono sarcastico. Si stava stancando di quella situazione. Doveva trovare suo padre, non poteva perdere tempo in quel modo, non poteva perdersi a fare conversazione.
Fece di nuovo per parlare, ma una mano alzata del ragazzo le fece cenno di rimanere in silenzio. Kaeru mormorò appena, pentendosi per essersi dimostrata tanto remissiva. Non era sola ad apparire strana, anche quel ragazzo nascondeva qualcosa, ne era certa. Osservò i movimenti del giovane, la sua mano era tornata ad afferrare l'arma che gli pendeva da un fianco.
"Cammina e stà zitta." Le disse, senza guardarla.
Kaeru roteò gli occhi, esausta, ma fece come le era stato detto; solo perché non aveva nè la voglia nè il tempo per stare a ribattere. Mentre camminava notò lo strano silenzio del giovane, per questo di tanto in tanto, si voltava leggermente per studiarne le mosse. Forse era un errore averlo alle spalle, in fondo, non conosceva affatto la sua natura, nè i suoi intenti. Il ragazzo parve capire i suoi pensieri e le sorrise ironico, facendola arrossire violentemente.
"Ragazzina, non so e non voglio sapere cosa ti spinge a camminare nella Foresta, ma dammi retta è meglio se troviamo un posto per dormire."
Kaeru sollevò un sopracciglio. "Prego? E' notte da un pezzo, prima o poi sarà giorno."
"Ne dubito." Rispose vago lui, incrociando le braccia al petto ed assumendo un'aria dannatamente seria.
"V-vuoi scherzare?" Sbottò Kaeru ," da che mondo è mondo il sole arriva sempre."
Il ragazzo le rivolse uno sguardo che la fece sentire immensamente sciocca. "Il fumo e l'aura malvagia che avvolgono la foresta nasconderanno il sole per qualche giorno. Ciò vuol dire che sarà sempre notte e il buio è la migliore arma d'attacco per un demone."
Kaeru lo guardò perplessa, sapeva troppe cose per essere un semplice essere umano. Inoltre, anche lui si trovava nella foresta e non certo per piacere.
"Non mi fido di te." Disse atona.
"Fa come credi, io non ho intenzione di morire." Detto ciò spiccò un salto su un ramo. Kaeru lo osservò scomparire tra gli alberi, incredula nel vedere quanta agilità possedesse per essere un semplice essere umano. Assurdo. Era impossibile non vedere il sole, l'astro più luminoso tra tutti. Sollevò il capo, scrutando il tetto della Foresta alla ricerca di una piccola porzione di cielo... le chiome degli alberi erano tanto intricate tra loro che, anche se un piccolo pezzo di cielo ci fosse stato, lei non lo avrebbe visto.
Abbassò nuovamente gli occhi, era tornata ad essere sola. Trasse un sospiro di sollievo. Non si fidava di lui, ma soprattutto non si fidava di se stessa quando era con lui. Quel ragazzo era stato la prima persona a confonderla così tanto; per un brevissimo istante, aveva provato insofferenza per un essere umano, fatto che non le era mai accaduto.
Continuò a camminare, con la speranza di scorgere o sentire suo padre. Non sapeva da quanto stava procedendo, ma sicuramente il confine con la Foresta doveva essere abbastanza lontano. Sperò solo di non fare altri incontri spiacevoli, nè con demoni, nè con esseri umani. Appena finito di formulare tale pensiero, vide uno strano movimento di fronte a sè; si bloccò, trattenendo il fiato più a lungo possibile, mentre il verde dei suoi occhi si spostava in modo frenetico cercando di cogliere ciò che aveva scorto.
Si rannicchiò tra le radici di un grande albero e afferò le ginocchia con le braccia, premendosele al petto. Lupi. La lista completa degli indesiderati era, per l'esattezza: demoni, esseri umani, animali selvaggi.
Kaeru trasformò il suo corpo in una palla raggomitolata, maledicendo tutto il sangue che la ricopriva e che avrebbe attirato di lì a poco i lupi affamati. No, decisamente non stava avendo fortuna in fatto d'incontri.
Un ringhio sommesso le fece sollevare di scatto la testa. Si scoprì a tremare in modo convulso, mentre i suoi battiti acceleravano ogni secondo di più. Di lì a poco, un lupo dal manto nero, saltò su una radice, mostrando i suoi denti aguzzi e straordinariamente bianchi. Kaeru ingollò pesantemente, aderendo sempre di più la sua schiena con la corteccia d'albero dietro di lei. Senza accorgersene si era sollevata in piedi, scorgendo così altri tre lupi, pressoché uguali.
Un immortale che ha paura di morire pensò ironica. Il fatto era che non immaginava come poter tornare in vita dopo esser stata fatta a pezzi nello stomaco di un lupo. E anche se si fosse davvero rigenerata, non considerava quell'esperienza per niente piacevole.
Poi, forse presa dal panico più totale, le venne in mente che suo nonno era un potente cane demone. Cani e lupi avevano delle differenze? Ricordò come una volta suo padre era riuscito a scacciare alcuni animali selvaggi usando solamente il suo sguardo. Quella volta aveva intravisto lo spirito di un cane dietro di lui, probabilmente la sua parte demoniaca. Esistevano, però, parecchie differenze con la situazione che stava vivendo: lei non era suo padre, aveva paura e la sua parte demoniaca dormiva beata nei recessi della sua anima. Di fronte a quei lupi, appariva come un umano impaurito, utile solo per saziare le loro esistenze.
Che faccio, che faccio?
"Ragazzina, la mano."
Alzò la testa. Sopra l'albero a cui stava addossata, il ragazzo dagli occhi grigi le stava tendendo una mano. Si era calato giù e stava dondolando sopra di lei, con le gambe ben salde attorno a un ramo. Kaeru non se lo fece ripetere due volte, si allungò per afferrare l'arto del giovane, giusto in tempo per non essere attaccata dal morso del primo lupo. Con sua grande sorpresa, si ritrovò sopra l'albero senza aver realizzato l'intera azione. Abbassò gli occhi, rimanendo totalmente immobile. I lupi tentarono più volte di salire, mai loro artigli furono capaci solo di intaccare la possente corteccia. Sentì le membra abbandonarsi al sollievo, fino a quando non comprese la sua situazione.
Aveva serrato le braccia attorno al torace del ragazzo, che sedeva tranquillamente sul ramo, con le mani impegnata a reggere la presa. Quando infine si accorse di essergli in braccio, arrossì violentemente, ma chinò il capo per non darlo a vedere. Forse erano meglio i lupi.
"Ci conviene aspettare," prese a dire lui indifferente ," prima o poi si stancheranno e se ne andranno. Spero il prima possibile, perché sei pesante."
Kaeru, dissolto qualsiasi imbarazzo, sollevò lo sguardo arrabbiata. Arrogante e presuntuoso sopra tutta linea. Stava detestando l'idea di avere debiti di vita nei suoi confronti.
"E così me ne devi due." Disse, sghignazzando.
"Nessuno ti ha obbligato ad aiutarmi!" Gridò Kaeru ostinata. Il ragazzo roteò gli occhi.
"Sei noiosa, lo sai? Sai bene che se non fossi intervenuto saresti cibo per lupi. Potresti almeno ringraziarmi."
"Grazie." Gli rispose Kaeru senza molto sentimento. Di tutta quella situazione, detestava il fatto di non potersi staccare da lui.
"Mentre tu ti stavi divertendo a farti mangiare, io ho trovato una caverna." Disse, senza accennare al minimo movimento.
"Buon per te." Rispose acida la ragazza.
"Ma vuoi sempre avere l'ultima parola?" Domandò stizzito il giovane.
"Gran parte delle volte." Sbuffò lei.
"Non so se hai compreso la situazione, mocciosa. Ti sto offrendo un modo per non essere uccisa, non so quanto ti convenga farmi arrabbiare."
"Mhm, perché? Ti faccio arrabbiare? Mi fa piacere." Davvero, quel ragazzo sapeva tirarle fuori il peggio di sè.
Uno strattone violento scosse Kaeru, mentre osservava il ramo, che li aveva ospitati, allontanarsi sempre più velocemente. Si aggrappò istintivamente al collo del giovane, intimandolo a farla scendere. Notando, infine, il suolo a parecchi metri sotto di loro, Kaeru decise di rimanere in silenzio, onde evitare che il ragazzo la prendesse alla lettera.
"Eccoci!"
L'esclamazione del giovane fu accompagnata dal tonfo dei suoi piedi, finalmente a terra.
"Mi-mi sento male."
Kaeru si portò una mano alla bocca, mentre il suo stomaco stava attuando una vera e propria ribellione. Avevano saltato di ramo in ramo ed ogni volta, le era sembrato di cadere nel vuoto. Bruttissima sensazione.
"Si-si può sapere chi diamine sei?" Sbottò, notevolmente pallida. Il ragazzo, che le dava le spalle, le fece cenno di seguirlo con una mano.
"Potrei farti la stessa domanda, mocciosa."
Kaeru imprecò sottovoce, mentre con gli occhi percorreva l'altro della caverna. Non aveva per niente un aspetto invitante. Ma tra i lupi e la caverna avrebbe senza dubbio preferito quest'ultima. Dopo pochi passi, il freddo delle rocce le penetrò nelle ossa, facendola rabbrividire. Kaeru seguì il giovane fino a quando questo non si sedette su uno spuntone roccioso. La ragazza osservò attentamente le mosse del ragazzo, infine si accovacciò nel lato opposto.
Lui sollevò un sopracciglio, notando la voluta distanza della ragazza. Infine, sorrise. "Aki."
Kaeru sollevò lo sguardo su di lui, perplessa. "Prego?"
"Il mio nome è Aki."
"Ah."
"Il tuo mocciosa?"
Kaeru assottigliò lo sguardo, indecisa se parlare o meno. "Kaeru."
Aki trattenne a stento una risata, attirando su di sè la disapprovazione della ragazza. "Kaeru? O meglio, rana?"
La ragazza divenne livida di rabbia, mentre scattava in piedi sulla difensiva. "NO. Si scrivere in modo diverso!" Odiava essere derisa per il proprio nome.
"Va bene, va bene, non ti scaldare... rospo."
Kaeru strinse i pugni lungo i fianchi. Autocontrollo, autocontrollo.
"Bando alle sciocchezze, rospo, se vuoi laggiù in fondo c'è una sorgente." Aki le indicò con un dito la gola della caverna. Kaeru osservò l'oscurità non molto entusiasta.
"Per lo meno potrai levarti di dosso tutto quel... sangue." Disse il ragazzo con una smorfia.
Era la prima cosa sensata che aveva detto, da quando l'aveva incontrato. Esisteva solo un problema. Aveva paura. Ma non avrebbe mai dato soddisfazione a quell'essere.
"Ok, ma tu non spiare." Kaeru arrossì per il tono infantile con cui aveva parlato.
"Tranquilla, le mocciose non mi interessano."
"Perfetto." Disse lei, irritata da quell'osservazione.
Aki la seguì con lo sguardo e quando scomparve, si passò una mano nei capelli puntellando i gomiti sulle ginocchia. Il suo atteggiamento era ridicolo. Non solo le aveva salvato la vita due volte, non solo l'aveva seguita, ma l'aveva anche portata in quel rifugio e il tutto, senza una ragione precisa. Senza sapere chi fosse. Ma non poteva che essere umana, testarda, strana, ma umana.
Scosse la testa, alzandosi un attimo dopo. Afferrò la sua arma e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo all'esterno dell'antro, prese a camminare verso la gola. C'era spazio a sufficienza anche per lui; quando aveva visitato la sorgente per la prima volta aveva notato un posto allettante dove potersi bagnare, lavandosi da tutta quella sporcizia.
Sangue di demoni.
Sangue immondo, di cui si macchiava pressoché ogni giorno.
A poco a poco, la caverna si allargò, mostrando un enorme cava sotterranea formata da stallattiti e stallagmiti, quest'ultimi che emergevano da un laghetto di acque emerse. Scrutò con attenzione la zona; benché il buio fosse in gran parte presente, una fioca luce penetrava da delle fessure in superficie. Notò uno yukata su un masso poco distante. Intuendo che la ragazza si trovava nei paraggi, prese a camminare verso la parte opposta della sponda.
L'acqua fredda fu un vero sollievo per la sua pelle. Abbassò gli occhi verdi sul suo petto, notando i segni lasciati dal demone donnola. Il sangue era completamente scomparso, mentre le ferite già mostravano una piccola cicatrice. Sollevò l'avambraccio ferito durante la sua caduta: metà della ferita era pressoché risanata. Il tempo di guarigione era stato molto rapido, meglio del solito. Infine si toccò la tempia, il taglio era completamente scomparso dal momento che la sua pelle era tornata ad essere perfettamente liscia.
Meglio così.
Kaeru avvertì un rumore alle sue spalle, uno sciabordio d'acqua insolito. Si voltò lentamente, ma non vide nessuno. Ingollò aria e lentamente tornò alla sponda verso le proprie vesti. A pochi passi dalla riva, un'ondata d'acqua la investì e fece in tempo solo ad emettere un grido.
Quando aprì gli occhi, percepì la roccia fredda sotto di lei. La vista, dapprima un poco appannata, era tornata ad essere nitida. Si portò a sedere, afferrandosi il capo con una mano. Sentiva gran parte del suo corpo indolenzito; cercò di ricordare cosa le fosse successo e il pensiero improvviso dell'onda, la riscosse del tutto.
"Hai preso una bella botta."
Kaeru si voltò, Aki stava seduto di fianco a lei.
"Ehm, potresti..." La indicò imbarazzato. Kaeru abbassò lo sguardo e solo in quel momento parve comprendere l'imbarazzo del ragazzo. Si afferrò lo yukata, coprendosi con vistoso rossore la parte superiore del corpo. Simulò un colpo di tosse e guardò oltre le spalle di Aki.
"C-cosa è successo?"
Kaeru sbarrò gli occhi, notando il corpo di un demone galleggiare sull'acqua del laghetto.
"No, non me lo dire. E con questo siamo a tre."
Aki annuì, sogghignando divertito.
"Non credere che ti contraccambi tutti questi favori."
"Ooh, quanta freddezza... sono impressionato." Finse lui.
"Fino a prova contraria, sei stato tu a mandarmi in quell'acqua. Manca poco che non venissi mangiata."
Era già la terza volta che rischiava di finire nello stomaco di demoni e animali che fossero, stava iniziando a stancarsi. Kaeru tornò a posare lo sguardo sul ragazzo. Aveva il torace scoperto e Kaeru non potè fare a meno di guardare le numerosi cicatrici che lo intaccavano, inoltre, qualche ferita sembrava recente. Notando di essere osservato, Aki sorrise.
"Demoni."
"Fanno male?" Domandò semplicemente lei.
Aki sollevò un sopracciglio. "Perché me lo domandi? Anche tu sei stata ferita, se non sbag-"
Kaeru notò gli occhi grigi del ragazzo soffermarsi su di lei. Aki le prese con violenza un braccio, fissandolo sorpreso.
"Cos-?"
Kaeru strattonò l'arto, liberandolo dalla presa del ragazzo. Abbassò lo sguardo e senza alcuna espressione costatò che la ferita era completamente scomparsa. Le venne spontanero sorridere.
"Tu- tu eri ferita."
Kaeru fissò il grigio dei suoi occhi, quasi con freddezza.
"Può darsi."
Si alzò, avvolgendosi lo yukata attorno al corpo. Si spostò i capelli bagnati da un lato e prese a camminare in direzione dell'entrata. Aki rimase immobile, sorpreso. Era sicuro, dopo la caduta l'aveva vista sanguinare. Invece, entrambe le braccia erano intatte. Il suo sguardo divenne improvvisamente duro.