Neverending Milky Way
Personaggi: am: inuyasha, am: kaede, am: kagome, am: miroku, am: sango
Rating: Giallo
Genere: Avventura, Azione, Romantico
Numero Capitoli: 17
Introduzione: Sequel di Ritorno al Passato. Quindici anni, quasi sedici, sono trascorsi dalle vicessitudini di Inuyasha e Kagome. Kaeru è cresciuta e custodisce dentro di sè due entità distinte: quella umana e quella demoniaca. A quale delle due rivolgerà il proprio cuore?
4, Dopo sedici anni, di nuovo
Quando anche l'ultima fiammella fu privata d'ossigeno, il Tempio cadde nell'oscurità più completa. Al contrario, la notte era molto più luminosa; la falce di luna calante si impegnava a rischiarare un poco la volta celeste, aiutata in parte dal timido tremolio delle stelle. Era una notte tranquilla, come molte altre lo erano state in passato; in lontananza si poteva distinguere i gorgoglii dell'acqua nei ruscelli, il fruscio diffuso delle chiome degli alberi e qualche suono, provocato da qualche animale notturno. Niente di più, se non una calma e rilassante serenità.
Kagome, avvolta nel suo abito da miko, prese a scendere con cura i gradini di pietra, prestando la massima attenzione ai sassi sporgenti che spesso attentavano coloro che si apprestavano a scendere. Lungo la scalinata, disposte in modo perfettamente allineato, delle fiaccole emanavano una luce calda, quasi ipnotica, permettendole di vedere in quella notte avvolgente. I suoi passi erano accompagnati dal suono sordo dei suoi geta, che andò pian piano mischiandosi con un secondo rumore di passi, proveniente di fronte a lei.
Si arrestò, quasi al centro della scalinata. A pochi metri di distanza da lei, il mezzo demone Inuyasha attendeva con le braccia incrociate al petto. Accortosi da molto della presenza della donna, Inuyasha aveva atteso che scendesse. Kagome osservò i lineamenti taglienti del demone alla pallida luce delle fiaccole, che, tremolanti, offrivano un gioco di luci sulla chiara pelle del consorte. Non si sorprese di trovarlo lì, ad attenderla. Quando Inuyasha tornava a casa, e per tutto il tempo che vi rimaneva, era solito aspettarla dopo le sue funzioni al Tempio del villaggio. Perché si annoiava, le aveva detto una volta. In realtà, Kagome sapeva che era un semplice gesto di protezione nei suoi confronti.
Così, come sempre, la donna accorciò la distanza tra loro, piegando gli angoli della bocca in un sorriso grato.
"E' tardi."
Inuyasha la guardò con sguardo colmo di rimprovero, ma Kagome, per niente intimorita, si sollevò sulle punte, sfiorando le labbra del demone con le proprie. Nonostante i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, non poteva fingere indifferenza di fronte a lui. Per questo, si lasciò abbandonare tra le braccia del consorte, respirando un poco l'aria che trapelava dalle sue vesti. Bastava un solo gesto affettuoso da parte del mezzo demone, che tutte le sue ansie l'abbandonavano come se mai fossero esistite. Dentro di lei dilagava una serenità quasi sovrannaturale, come se la sua anima avesse cessato di vagare, trovando un luogo sicuro in cui potersi rifugiare. Era ciò che tutti chiamavano Amore, del resto.
"A quanto pare, ti stavi annoiando." Gli disse, nascondendo un sorriso tra le pieghe del suo kimono.
"A morte." Inuyasha continuò a mantenere la stretta attorno alla donna. Kagome sollevò lo sguardo, tuttavia senza incontrare quello del mezzo demone, intento ad osservare chissà quale punto attorno a loro.
"E sei tornato solo da un giorno." Alla fine, non era riuscita a mascherare il tono ansioso della propria voce. E come le fu prevedibile, Inuyasha se ne accorse.
"Stavolta non vado via... per lo meno, non subito."
Kagome aggrottò la fronte, non molto convinta delle sue ultime parole: vi era realmente qualcosa che, nonostante tutto, Inuyasha rifiutava ancora a dirle. Ricordandosi dei propri pensieri, Kagome si scostò un poco dal petto di Inuyasha, sciogliendo l'abbraccio che li aveva precedentemente legati. E si sforzò di renderla un'azione del tutto normale.
"Hai parlato con Miroku?" Domandò Kagome, riprendendo a scendere le scalinate del Tempio.
Inuyasha la seguì, affiancandola e tornando a incrociare le braccia al petto.
"E' da molto che non lo vedo. Sango-chan mi ha detto che ultimamente era molto preso dal lavoro."
"Sì, l'ho incontrato e penso che a quest'ora abbia già fatto ritorno a casa."
Kagome rimase in silenzio. Quando giunsero in fondo alla grande scalinata, la donna si voltò a guardare il mezzo demone, tenendo le mani incrociate sul davanti.
"Sarò sincera con te, Inuyasha. Sento che mi stai nascondendo qualcosa." Dalla sua voce non trapelò alcuna emozione.
Il mezzo demone la fissò per qualche minuto, come ostinato in un silenzio forzato.
"E a giudicare dal tuo silenzio, ho ragione." Kagome abbassò lo sguardo, tornando a camminare e voltando le spalle al consorte.
"Non voglio di certo forzarti a parlare, tesoro, ma non trattarmi come una stupida, perché non lo sono." E senza attendere una risposta del mezzo demone, scomparve, come inghiottita dalla notte.
Aveva già preso posto tra le coperte del suo futon, ma sentendo dei passi, si era seduta prestando ascolto ad ogni minimo rumore. Ecco, ciò che le mancava veramente era un po' di forza fisica da usare per difendere se stessa. Suo padre non le aveva mai insegnato niente, mentre sua madre non era propensa ad usare la forza bruta. Oh, ma a lei la forza non serviva, perché anche senza i propri poteri, sfruttava la sua bellezza per ammaliare gli assalitori. Dopodiché, un pugno o un calcio nei posti giusti, come era solita dire, erano più che sufficienti.
"Amore, sono io."
Kagome si affacciò alla porta della figlia, intuendone subito le paure.
"Mamma! Hai idea di quanto è tardi?!" Disse Kaeru, risentita, ma anche sollevata.
"Scusami, hai mangiato?" Le domandò dolcemente Kagome, inginocchiandosi a fianco del futon. Sollevò una mano, andando a scompigliare la folta chioma della ragazza, che subito si rilassò a quel contatto. Kaeru, dopo qualche minuto, si accorse dell'assenza del padre.
"Mamma, papà non è con te?"
"Mhm, no. Penso che papà stasera non tornerà a casa."
Kagome si fece forza sulle ginocchia e si portò in piedi, fissando la figlia ancora semi seduta nel proprio letto. Kaeru sollevò lo sguardo alla ricerca di quello della madre, cercando di mostrare alla donna la perplessità che trapelava dai suoi occhi.
"Avete litigato?"
Forse papà le ha parlato dello Shikon. Un pensiero legittimo, visto il comportamento della madre. Kagome distolse lo sguardo, lasciandolo vagare nella stanza.
"Mhm, può darsi. Lo facciamo tanto di frequente che non so se si tratti di una vera litigata."
"Ma... sei arrabbiata?" Domandò Kaeru titubante, perché nonostante tutto, la freddezza di Kagome era qualcosa di sconvolgente.
"Non lo so. Ma so che vorrei dimostrarlo apertamente... invece, a quanto pare non mi riesce."
"Sei arrabbiata, mamma." Concluse Kaeru. Ed era normale che lo fosse, no?
Kagome piegò il capo di lato.
"Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile." Ed infine, emise un sospiro rassegnato.
"Oh."
"Sono parole di Aristotele." Kagome sorrise all'espressione sbalordita della ragazza.
"Aristo- cosa?" Domandò confusa. Kagome scrollò le spalle.
"Un filosofo greco, ma tu non puoi sapere."
Kaeru assunse un'aria imbronciata.
"Sai sempre cose che mi lasciano interdetta mamma... non è che nascondi chissà quale segreto?"
Kagome guardò la figlia, sorpresa, e dopo qualche secondo, realizzata la domanda, si mise a ridere.
"Che sciocchina!" Si chinò, dandole un piccolo buffetto sul naso ", ricorda che la tua mamma non è nata nel Sengoku Jidai!"
"Certo che lo ricordo!" Disse Kaeru, scostandosi e fingendosi arrabbiata.
"Sù, adesso dormi." Disse Kagome, baciando la fronte della ragazza.
Kaeru rispose al saluto della madre, cacciandosi di nuovo tra le pieghe del proprio futon. Già, molto spesso dimenticava che sua madre era originaria di un altro posto, o come amava definirlo lei, un'altra dimensione. Quando parlava del mondo in cui era nata, sua madre usava termini complicati, a lei completamente ignoti. Le raccontava di come le persone vivevano, dell'assenza dei demoni. Un mondo solo popolato da esseri umani. E lei, ogni volta, fantasticava sulle parole della madre.
"Televi-visione?"
"Sì, gran bella invenzione." Sua madre si era lasciata andare in un sospiro. La stava osservando con tanto d'occhi, non avendo compreso affatto il significato di quella parola. Sua madre era una donna strana, se non addirittura bizzara. Spesso farneticava parole senza senso, rimpiangendo comodità che nel Senjoku Jidai le erano precluse. Sbuffava annoiata, si arrabbiava per un nonnulla, divenendo intrattabile. Tutto questo perché sua madre proveniva da un altro mondo, dal futuro.
"Con quella, raramente ci si annoiava."
"Mhm, ma cosa è esattamente?" Domandò, sapendo già in anticipo che non avrebbe compreso.
"Una scatola con dentro delle immagini che si muovono, con persone che parlano, che in realtà possono trovarsi anche a grandissima distanza."
"Uao." Aveva capito, o meglio, non aveva capito, ma poteva lavorare di immaginazione.
"Mamma, sei più tornata a casa? Nel tuo mondo, intendo?" Aveva osservato lo sguardo della madre diventare sempre più triste.
"No."
"E perché?"
"Perché non è così semplice. Inoltre, non saprei come tornarci." Le aveva sorriso, ma aveva capito che lì, nel Sengoku Jidai, sua madre non era completamente felice.
Un boato tremendo ferì le sue orecchie, mentre con una velocità sorprendente per il suo stato di sonno, si portò a sedere sul letto. Borbottò qualche domanda confusa, mentre a fatica si portava in piedi verso la finestra. Ogni suo tentativo fu, infine, vanificato da una profonda scossa, che fece tremare la terra fino allo spasimo. Cadde indietro, dopo aver tentato inutilmente di afferrarsi a qualcosa; ma la sua stanza era tanto spoglia da offrire ben pochi appigli. La finestra di legno si spalancò all'improvviso, facendo entrare un'ondata di luce e calore, e qualcosa che Kaeru riconobbe come cenere. Kagome corse dentro la stanza della figlia, abbracciandola da dietro.
"Mamma?! Che succede?!" Kaeru si era aggrappata alle vesti della madre, terrorizzata dall'intera situazione.
"Stai tranquilla, tesoro! Vieni con me!" Kagome si sollevò in piedi, affacciandosi alla finestra della stanza e guardando con sguardo preoccupato ciò che stava accadendo all'esterno. Fuori, laddove sorgeva la Foresta del villaggio, una piccola parte degli alberi era avvolta dalle fiamme, mentre la parte restante della boscaglia sembrava addormentata in un placido sonno. La donna si scostò, sollevò in piedi la figlia e, tentando di mantenere un equilibrio, si recò con lei nella stanza adiacente. Kaeru osservò la madre mentre spostava violentemente il proprio futon, liberando da qualsiasi ostacolo un piccolo quadrato di legno.
"Vai qua dentro!" Le gridò, cercando di farsi sentire da Kaeru, mentre con una mano aveva scoperto qualcosa che aveva l'aria di essere una botola. La ragazza guardò la madre e il suo viso contratto in un espressione indecifrabile. Le afferrò un lembo dello yukata ed urlò con altrettanta forza.
"Mamma! Che cos'era quella luce viola? Quella sulla Foresta?!"
Kagome osservò la figlia, con sguardo sorpreso. Fece per parlare, ma le grida degli abitanti del villaggio attirarono la sua attenzione; sentendo il proprio nome gridato dall'esterno, Kagome afferrò le spalle di Kaeru.
"Ascolta, promettimi che non uscirai da lì dentro."
Kaeru abbozzò a un cenno d'assenso, mentre si calava in quel buco, buio quanto la notte. Quando scivolò completamente, sua madre le richiuse la via d'uscita sopra il capo, lasciandola un poco sgomenta ed impaurita. Kaeru distolse lo sguardo dal punto in cui prima stava Kagome, lasciandolo vagare attorno a lei. L'oscurità completa.
"Kagome-sama!" Una donna con in braccio un bambino l'aveva chiamata con voce strozzata ed impaurita. Aveva i lembi delle vesti bruciate, mentre il bambino, apparentemente sano, piangeva a dirotto tra le sue braccia.
"Kagome-sama! Il fuoco sta divorando la Foresta!"
"Kagome-sama!" Un gruppo di uomini, armati di falci e zappe, accorse dalla sacerdotessa. "Che si tratti forse di demoni?!" Kagome li aveva osservati, impugnavano armi rudimentali, che avrebbero avuto poco effetto sul nemico, qualora ci fosse stato. La sacerdotessa rivolse uno sguardo alla Foresta, mentre una smorfia distorse le sue labbra rosate. Si osservò le mani, imprecando subito dopo. I suoi poteri erano scomparsi ed un ulteriore prova era il fatto che non vedeva l'aura maligna sopra la Foresta. E lei sapeva che c'era, dato che Kaeru l'aveva vista.
"Ascoltate!" Kagome gridò a pieni polmoni alle persone che la circondavano.
"Dobbiamo salvare il villaggio, per questo dobbiamo usare l'acqua del fiume per spegnere il fuoco!"
"Ma Venerabile Kagome, se si trattasse di demoni?!" Un vecchio stava brandendo un bastone scarno.
"Il Venerabile Inuyasha! Lui potrebbe sconfiggerli!" Una seconda voce si sollevò dalla folla. Kagome strinse i pugni lungo i fianchi.
"Andrò a cercarlo! Voi fate come vi ho detto! State tranquilli, andrà tutto bene." Kagome sorrise, e tutti parvero ricambiare il gesto della donna.
Kaeru colpì con i pugni serrati il piccolo quadrato appena visibile in quell'oscurità; benché sua madre le avesse raccomandato di restare in quel luogo, Kaeru sentiva una forte preoccupazione crescere dentro di lei, accompagnata dal fatto che non amava per niente il buio che la circondava. Con un ultimo sforzo, sollevò la botola e a fatica ritornò nella stanza di sua madre. Come le fu prevedibile, la donna non c'era, probabilmente era accorsa all'esterno chiamata dagli abitanti del villaggio. La terra sembrava essersi calmata, emanando di tanto in tanto piccoli rantoli sofferenti. La porta della loro capanna era aperta, permettendo a Kaeru di vedere il movimento frenetico che vi era all'esterno. Fece forza sui propri piedi, sollevandosi. Quando sollevò di nuovo lo sguardo verso il rettangolo della porta, una figura oscurò la scarsa luce che da esso vi penetrava.
"Papà!" Quasi pianse nel vedere il padre.
Inuyasha corse verso di lei, avvolgendola tra le braccia. Kaeru, confortata da quel gesto, sentì le proprie membra rilassarsi. Poi, il pensiero di sua madre tornò a farsi vivido nella sua mente. Afferrò le braccia del padre, stringendo la stoffa del suo kimono tra le dita.
"Papà! La mamma-!"
"Lo so, sta tranquilla." Gli occhi ambrati del mezzo demone trasmisero un poco di calma alla ragazza.
"Qualunque cosa succeda, tu rimani qui e aspetta Kagome." Detto ciò, sciolse l'abbraccio da Kaeru.
"Papà? Non avrai mica intenzione di andare là, vero?!" Kaeru ebbe paura al pensiero che suo padre si sarebbe diretto verso la Foresta. Inuyasha, per tutta risposta, le rivolse un leggero sorriso. E ciò la preoccupò ulteriormente. Il mezzo demone fece per andarsene, ma Kaeru gli afferrò un lembo dei pantaloni. Stava piangendo e nemmeno se ne era resa conto. Non voleva che suo padre se ne andasse, perché quell'ansia che stava provando e che non riusciva a spiegarsi, l'aveva terrorizzata. Come la terrorizzava il fatto che lui e sua madre potessero esservi in qualche modo coinvolti. Inuyasha osservò le guance bagnate della figlia e sollevò una mano sul capo della ragazza. Nel sentire il calore del padre, Kaeru sbarrò gli occhi sorpresa.
"Adesso, fa come ti ho detto."
Kaeru osservò il padre uscire dalla capanna, in silenzio, esattamente come vi era entrato.
"Inuyasha!" Kagome era accorsa verso di lui, respirando a fatica, anche a causa del fumo che stava soffocando l'aria del villaggio. Il mezzo demone brandì Tessaiga, che subito prese a palpitare tra le sue mani. La sacerdotessa osservò il consorte con accentuata preoccupazione, probabilmente, avevano pensato alla stessa cosa.
"Fa attenzione." Aveva sussurato. Inuyasha rivolse lo sguardo su di lei e, con velocità sorprendente, le diede un bacio sulle labbra arrossate. Dopodiché, prese a correre in direzione della boscaglia.
"Mamma!" Kaeru era uscita, raggiungendo la madre, ma si era bloccata. Kagome si asciugò velocemente gli occhi, tornando ad assumere uno sguardo determinato.
"Ti avevo detto di non muoverti!" Il tono arrabbiato della sua voce fece un poco indietraggiare Kaeru. La ragazza abbassò lo sguardo, stringendo i pugni lungo i fianchi. Si inchinò di fronte a Kagome, mentre quest'ultima la guardava perplessa.
"Gomen ne, mamma."
Detto ciò, scappò, nella stessa direzione che aveva preso suo padre. Kagome, colta di sorpresa, gridò il suo nome, ma Kaeru non accennò a fermarsi. Sentiva il suo cuore batterle all'impazzata nel petto, mentre andava accorciando la distanza con la Foresta. La luce viola sopra le chiome scure degli alberi andava via via aumentando d'intensità, mentre il respiro si indeboliva a poco a poco per l'odore acre del fumo. Si portò una mano sul volto, cercando di trattenere più aria possibile. Non sapeva spiegarsi il motivo di quel gesto, del perché volesse con tutta se stessa seguire suo padre. O forse, dentro di sè, poteva esistere una risposta a quella sua perplessità...
Il calore di quella mano.