Neverending Milky Way
Personaggi: am: inuyasha, am: kaede, am: kagome, am: miroku, am: sango
Rating: Giallo
Genere: Avventura, Azione, Romantico
Numero Capitoli: 17
Introduzione: Sequel di Ritorno al Passato. Quindici anni, quasi sedici, sono trascorsi dalle vicessitudini di Inuyasha e Kagome. Kaeru è cresciuta e custodisce dentro di sè due entità distinte: quella umana e quella demoniaca. A quale delle due rivolgerà il proprio cuore?
3, Filosofia di Vita
Si osservò le mani, magicamente avvolte da uno strano bagliore. Si trattava di una luce soffusa, ma allo stesso tempo per niente accecante. Una luce che appariva ogni qualvolta che posava le sue mani sulla pelle di un essere umano, ogni volta che voleva curare le ferite di un sofferente. C'è chi tutto ciò lo chiamava arti curative, chi magia bianca, ma sempre e comunque era un dono per soccorrere chi aveva bisogno di cure. E quel dono, sorprendentemente, le era rimasto. O meglio, le era apparso di nuovo, dopo la nascita di Kaeru. Alcune volte, scompariva, passavano giorni in cui lei non aveva la possibilità di curare. E lo stesso accadeva per le sue frecce: giorni in cui il bersaglio veniva centrato in pieno, giorni in cui la sua mira regrediva come i primi tempi. Probabilmente, gli effetti dello Shikon avevano un qualche ruolo in tutto ciò; quella volta, quando lo Shikon le era penetrato dentro, quando era diventata tutt'uno con lui, qualcosa dentro di lei era cambiato. Non sapeva dire se in meglio, ma senz'altro poter essere utile per alleviare i dolori altrui era qualcosa di positivo. A distanza di anni, credeva a stento agli effetti benefici dello Shikon. Lo Shikon no Tama, un nome che anche in quel momento le suonava ostile... per tutto ciò che aveva causato, per le illusioni che le aveva dato. Benché l'avesse purificata, benché avesse permesso la nascita di Kaeru, non riusciva a perdonare le sofferenze che la Sfera le aveva procurato. Fortunatamente per lei, e per gran parte del mondo, lo Shikon era scomparso, forse inglobato in qualche corpo, forse seppellito da qualche parte. Non percepiva più la sua presenza, ma era anche molto probabile che avesse perso il potere di sentirlo. E a lei andava bene. Adesso, non era più la ricerca dello Shikon a tenerle impegnata la mente, bensì Inuyasha con i suoi strani comportamenti. Da quando il mezzo demone aveva preso a viaggiare, perdendo interesse a raccontarle le sue esperienze, il tarlo del dubbio aveva iniziato a crescere in lei. Era possibile che fossero davvero semplici viaggi, dettati unicamente dalla noia, come potevano essere viaggi per tutt'altro tipo di intenti. Diventare un demone completo, ad esempio. E allora, giunta a quelle conclusioni, non capiva più. Non capiva più perché Inuyasha si ostinasse a raggiungere la perfezione onirica, come non comprendeva il motivo che lo spingeva a non parlarne con lei. Aveva forse timore che s'arrabbiasse? Che lo obbligasse a rimanere con lei e con sua figlia? Era un timore fondato; perché se avesse avuto il potere di soggiogarlo, probabilmente lo avrebbe fermato. Come era altrettanto probabile, che non avrebbe fatto niente, che l'avrebbe semplicemente guardato, senza dire una parola. Debolezza? Forse. Si arrabbiava con lui, gli gridava contro, lo minacciava, ma alla fine il risultato era sempre lo stesso: una placida rassegnazione, forse causata da quello sguardo ambrato, che sembrava inibire tutte le sue intenzioni bellicose. Se era la forza ciò che Inuyasha bramava, non poteva far altro che opporsi in silenzio, lasciando però intendere la sua disapprovazione. Per il resto, doveva pensare a Kaeru, perché sedici anni era l'età in cui si credeva di sapere e poter fare tutto, mentre invece, non si sapeva e non si poteva fare niente. Lei lo aveva capito quando aveva incontrato Inuyasha per la prima volta; lo aveva capito durante gli attacchi dei demoni, durante quelli di Naraku. Si era sentita impotente di fronte a Kikyo. Per questo, come madre, si sentiva in dovere di guidare la sua unica figlia, permettendole, però, di scegliere la strada da intraprendere da sola. I piccoli successi di ogni giorno ed anche le preoccupazioni disseminate in quel cammino che è la vita, permettevano all'anima di una persona di crescere e maturare. Perché la vita non guardava in faccia nessuno, ti metteva alla prova quasi costantemente e se non eri pronto per affrontarla, ti lasciava indietro. E lei, molto spesso, si era trovata la vita davanti, cruda e meschina. E aveva faticato non poco per andare di pari passo con lei, per raccogliere il positivo che poteva donare. Quindi, non avrebbe mai permesso a nessuno, nemmeno ad Inuyasha, di rovinare tutto ciò che lei aveva ricostruito. In quei quindici anni aveva sguainato gli artigli per proteggere ciò che aveva di più caro, si era leccata le ferite come un animale ferito a morte, aveva rinunciato alla famiglia che l'aveva cresciuta e per cosa? Per veder crollare, un giorno, tutto ciò che lei aveva messo in piedi? No. Se una persona persisteva nei suoi intenti, poteva davvero ottenere ciò che voleva. La vita poteva davvero dimostrarsi generosa nei suoi confronti. Come era accaduto alla vecchia Kaede. Era viva, era sopravvissuta. Era stata lei a ritrovarla tra il sangue di demoni ed esseri umani. Il petto che le si sollevava a fatica, le ferite che aveva inferte. Il dolore poteva far nascere negli umani il desiderio della morte, dell'annullazione completa delle sofferenze, eppure Kaede le aveva raccontato che proprio quel dolore l'aveva mantenuta in vita. Perché le sofferenze, benché dure e crudeli, erano una dimostrazione dell'essere vivi. Finché il sangue scorreva nelle vene, era possibile provare sensazioni, emozioni. Era possibile rallegrarsi alla vista di un fiore, era possibile rattristarsi di fronte ad un evento spiacevole. Così era il mondo: bello, triste, ingiusto. Ed il compito di ciascuno stava nel viverci. Perché vivere era tutto quello che potevano realmente fare per dimostrare a se stessi di volersi bene.
"Kagome-sama, come sempre è stata la mia salvezza."
L'uomo si diede una pacca sul punto in cui prima sorgeva la ferita. Era caduto durante la semina del grano, ferendosi accidentalmente con l'utensile che usava per arare il proprio campo. Non era una ferita grave, il sangue era dapprima fuoriuscito copioso, ma alla fine si era fermato, coagulandosi con il passare del tempo. Ferite come quelle, nel mondo in cui prima viveva, non attiravano quasi l'attenzione di nessuno. Nel Sengoku Jidai, invece, potevano anche essere un rischio rivelante dal momento che nessuno sapeva cosa significasse il termine disinfettare. Fatto stava, che in quell'epoca, i corpi crescevano possenti e robusti, proprio per innalzare le difese immunitarie dell'organismo. In poche parole, le persone cercavano di difendersi come meglio potevano.
"Kagome-sama?"
Sollevò le sue iridi grigio-azzurre sulla donna che le stava di fronte.
"Kagome-sama, forse per oggi dovrebbe riposarsi. Non crede?"
Rivolse uno sguardo all'esterno del Tempio. L'imbrunire aveva parzialmente oscurato le fronde degli alberi, mentre la falce lunare risplendeva in un punto privo di stelle. Da quando Inuyasha aveva fatto ritorno a casa, ovvero la notte precedente, la sua mente era stata invasa da una moltitudine di pensieri, di domande che l'avevano un poco distratta dalla sua vita quotidiana. E come aveva previsto, quel giorno era trascorso senza che lei se ne accorgesse.
"Sì. Tsujikai-sama puoi andare, non è necessario che ti intrattenga oltre. Sistemerò io quel che resta da fare nel Tempio."
La donna si inchinò più volte, per poi scomparire di fronte al suo sguardo. Tornata ad essere di nuovo sola, aveva ripreso la linea dei suoi pensieri.
Prima di parlare, Kaede-sama l'aveva osservata attentamente, quasi come per volerle leggere dentro l'anima. Aveva sostenuto il suo sguardo, seduta di fronte ad un tè ormai del tutto freddo, tradita solamente dall'agitazione delle sue mani, che si muovevano nervose sul suo grembo. Perché stava provando tanta ansia? Lei che nemmeno aveva conosciuto o toccato con mano la Sfera dei Quattro Spiriti. Lei che aveva solo sentito parlare degli eventi del passato. Cos'era stato lo Shikon per attirare così tanto le ire di sua madre? Vediamo, cosa sapeva lei? Suo padre e sua madre erano esseri immortali, per motivi differenti. Suo padre era un mezzo demone, pertanto, se non veniva ferito durante le notti di Novilunio, neanche la lama di una spada poteva ucciderlo. Sua madre era stata resa immortale, per volere di un demone, che l'aveva rapita ed usata. Perché sua madre era capace di vedere lo Shikon, il Gioiello bramato da tutti. E non sapeva altro. La sua immortalità, probabilmente, derivava dal fatto che era nata da loro due.
– Kaede-sama, perché mio padre vuole trovare lo Shikon? –
– Kaeru, cosa sai tu dello Shikon? –
– Lo Shikon... era una Sfera bramata da demoni e da esseri umani, perché sapeva donar loro poteri immensi. –
– Con ciò che sai, tuttavia non comprendi gli intenti di tuo padre? –
– ... –
– Come hai detto tu, la Sfera dei Quattro Spiriti dona poteri e forza immensa a colui che la ingloba. E se colui che la usa è un mezzo demone, egli può aspirare a raggiungere l'oniricità completa. –
– Papà vuol diventare un demone completo. –
– ... –
Diede un piccolo calcio ad un sasso nelle vicinanze, lasciandolo affondare nelle calme acque del fiume. Era bastata quella breve, ma esauriente spiegazione di Kaede-sama, per farle aprire gli occhi sugli intenti del padre. Allora, essere un demone completo, era così importante? Probabilmente, per una persona che non sapeva schierarsi da nessuna parte, sì. Esattamente come lei. Nè umana, nè demone. Suo padre aveva rivisto lo Shikon, aveva viaggiato con l'intento o meglio, con la speranza di poterlo trovare, pur sapendo di fare un torto a sua madre.
– E mamma non approva. – Concluse, guardando di nuovo la vecchia sacerdotessa. Kaede-sama scrollò le spalle.
– Non conosco i pensieri di tua madre a riguardo, ma penso che non possa farle piacere. Se Inuyasha diventasse un vero demone, potrebbe disconoscere sia te che Kagome-sama. In passato è già successo qualcosa di simile. – La guardò, aggrottando la fronte. Kaede parve intuire la perplessità della ragazza.
– Sicuramente conoscerai la storia di Tessaiga, la spada di Inuyasha. Tessaiga non è solo una semplice arma da difesa, essa placa il sangue demoniaco di tuo padre. In assenza di questa spada, Inuyasha perde coscienza di se stesso e viene risucchiato dalla proprie indole demoniaca. –
E adesso, comprendeva anche il motivo per cui suo padre portava sempre appresso Tessaiga. Come le aveva detto Kaede, l'indole demoniaca lo isolava da tutto e da tutti, perfino da sua madre.
– Il fatto è che, una volta divenuto demone e perso il controllo di sè, Inuyasha non è più in grado di distinguere la differenza tra bene e male. Sente solo il desiderio di uccidere, demoni od esseri umani, chiunque si opponga lui. Mi duole dover essere proprio io a renderti consapevole di tale cosa,ma credimi, tuo padre ti vuole bene, perché tu sei parte di lui e parte della donna che ama. Purtroppo, comprendo l'apprensione di tua madre. Se Inuyasha dovesse trasformarsi in un demone, è molto probabile che smetta di ascoltare il proprio cuore. E allora, nè tu nè Kagome-sama, sareste al sicuro. – Aveva detto quelle parole, mantenendo sempre il volto chino.
– Se davvero è come dici, Kaede-sama, non riesco a comprendere perché mio padre voglia diventare demone. Se essere un demone significa smettere di amarci, può anche darsi che per lui non siamo così importanti come mi volete far credere. Se essere un demone significa mettere in pericolo le nostre vite, mi dispiace, ma non vedo affetto nei nostri confronti. – A discapito delle apparenze e del tono fermo della voce, dentro, il suo cuore era andato in pezzi.
In pezzi. Esattamente come il sasso che aveva gettato nel fiume. Esattamente come le pietre che stava calpestando. Perché quelle parole, l'avevano davvero distrutta; le avevano fatto dubitare dell'amore di suo padre, che fino a poche ore prima, credeva scontato. Invece, niente era scontato. Si vergognò della propria natura, comprendendo perché gli esseri umani fossero tanto ripugnati dalla loro esistenza. Perché erano esseri spregevoli, esseri capace solo di uccidere per soddisfare puro e semplice desiderio. Lei non aveva mai sperimentato, però sapeva che era così. Nessuno le aveva mai detto come ci si sentiva, ma sapeva che era così. Perché parte di lei era devota al male, a quella malvagità gratuita. Quando provava odio, aveva paura. Eppure, sua madre diceva che l'odio era una forma d'amore, perché odiando qualcuno non si riusciva a provare indifferenza. Lei aveva paura lo stesso, anche dell'indifferenza. Aveva paura di provare noncuranza per gli esseri umani, per ciò che le stava attorno.
– Adesso che sai... rifletti. Sei libera di parlarne con tua madre, ma sei anche abbastanza matura per non farlo. –
– Voi pensate che non dovrei dirglielo. –
–...–
– Probabilmente non lo farò. Giusto perché non voglio mettere in appresione la mamma. Mi sembra già abbastanza strana da quando papà è tornato a casa. Sicuramente anche lei avrà sospettato qualcosa. Io voglio bene ad entrambi, per questo preferisco tacere. E per quanto riguarda mio padre... se papà ne vorrà parlare, lo farà da solo, ma soprattutto di sua iniziativa. Se ci vuole davvero bene, agirà di conseguenza. –
"Kaeru."
Si voltò, immergendo il suo sguardo in degli occhi ambrati.
"Papà." Non lo aveva chiamato padre, non sentiva necessario porre le distanze da lui.
"Dov'è tua madre?"
Si sollevò, assumendo un'aria pensierosa. Era rimasta gran parte del tempo all'ansa del fiume, ma non aveva visto sua madre passare. E considerando che quella strada era obbligatoria per giungere a casa loro, doveva passare di lì per forza.
"Probabilmente è sempre al Tempio. Strano, non fa mai così tardi." Aveva usato un tono di voce leggermente preoccupato che non passò inosservato ad Inuyasha. Il mezzo demone si voltò, dando le spalle alla ragazza, e prese a dirigersi verso la zona del Tempio. Kaeru rimase ad osservarlo di spalle, preferiva che suo padre incontrasse la madre da solo, nell'eventualità che volesse parlarle dello Shikon.
"Kaeru-chan, quanto tempo?"
La ragazza si voltò, sorpresa dal constatare di non essere sola. Un uomo dal bell'aspetto stava in piedi dietro di lei, attendendo un suo saluto. Fece scorrere lo sguardo sugli abiti che indossava ed all'improvviso parve riconoscerlo.
"Miroku-kun!"
L'uomo aveva fatto un cenno d'assenso col capo, sorridendole, e Kaeru arrossì un poco. "E' di ritorno dal suo lavoro?" No. Ricordava che suo padre aveva detto di volerlo incontrare.
"Sì e no." Sorrise enigmatico il monaco. Kaeru aggrottò la fronte in segno di perplessità. Poi, parve ricordare gli avvertimenti della madre.
"Senza dubbio lei è una persona molto strana." Kaeru sbottò. Il monaco rise di gusto alle sue parole.
"Sono sicuro che Inuyasha e Kagome-sama ti hanno parlato di me."
Kaeru dispiegò le labbra in un sorriso. Strano, ma divertente.
"Mhm, hai incontrato tuo padre?"
"Sì, è andato al Tempio dalla mamma."
"Capisco, allora penso che tornerò a casa."
"Mi saluti Sango-san!"
"Perché non vieni a trovarci uno di questi giorni? Potresti ricevere una bella sorpresa!" Disse allegro il monaco.
"Sorpresa? Che genere di sorpresa?" Domandò incuriosita Kaeru.
Miroku le strizzò un occhio, ma non le rispose. Sollevò il bastone in segno di saluto e prese a saltellare nella direzione opposta a casa sua. Kaeru sollevò un sopracciglio, osservando la parte da cui era giunto il monaco.
Scrollò le spalle e prese un sasso tra le mani, gettandolo in acqua. Come diversivo, avrebbe pensato alla sorpresa.