Neverending Milky Way
Personaggi: am: inuyasha, am: kaede, am: kagome, am: miroku, am: sango
Rating: Giallo
Genere: Avventura, Azione, Romantico
Numero Capitoli: 17
Introduzione: Sequel di Ritorno al Passato. Quindici anni, quasi sedici, sono trascorsi dalle vicessitudini di Inuyasha e Kagome. Kaeru è cresciuta e custodisce dentro di sè due entità distinte: quella umana e quella demoniaca. A quale delle due rivolgerà il proprio cuore?
12, Il Morso del Serpente
“Po-posseduto da un demone?”
Kaeru aveva lo sguardo più sorpreso che mai. Era raro sentir parlare di persone possedute. Possedute… poteva solo immaginare ciò che significasse e neanche Kaede, durante i suoi lunghi racconti, le aveva mai parlato di possessione. No, e non certo riferita ad un essere umano. Al contrario, Sango stava in piedi, il volto leggermente chinato verso il basso, con una smorfia indecifrabile che turbava i suoi lineamenti delicati. Sì, sì, era certa di aver compreso bene.
“Uno spirito, Kaeru-chan.” Disse Kagome. “C’è differenza. Allo stato delle cose solo uno spirito può entrare nel corpo di un altro essere, umano o non. Non hanno corpo, né sostanza. Sono solo anima.”
“Vuoi dire che chiunque può essere posseduto?”
Kagome sorrise all’incredulità della figlia. “Chiaramente no. Solo in determinate circonstanze.”
“Determinate circonstanze?” Kaeru sollevò un sopracciglio, perplessa. Non stava afferrando il significato di quelle parole.
Miroku tornò a sedere, posando il proprio bastone esattamente di fronte a sé. Incrociò le braccia al petto, sollevando lo sguardo in un punto imprecisato della parete. Alcune ciocche di capelli gli ricaddero sugli occhi, mentre un sospiro si liberò dalle sue labbra.
“Forse,” prese a dire, “è giunto il tempo delle spiegazioni.” E con quelle parole, rivolse uno sguardo alla propria compagna.
Sango annuì. “Kaeru-chan, noi, di fatto, non sappiamo molto di ciò che successe ad Aki nella Foresta. Quel giorno di sei anni fa, la nostra unica preoccupazione fu quella di vedere nostro figlio, all’entrata del villaggio, steso a terra con un braccio sanguinante.”
“Il braccio che è circondato dall’armatura?” Domandò Kaeru, bagnandosi le labbra con la punta della lingua.
Sango annuì. “Inizialmente, nessuno di noi si accorse quanto grave fosse in realtà quella ferita. Kaede stessa lo medicò e a distanza di un giorno, Aki si svegliò completamente. Con l’unica differenza che a guardarci, a parlarci non era più lui, ma uno spirito malvagio.”
Kaeru sussultò, mentre Sango riprese il proprio racconto.
“Era stato posseduto e la sua aura era decisamente cambiata.”
“Ma come è successo? Voglio dire, come ha fatto ad essere posseduto?” Kaeru guardò sua madre.
Kagome, notando lo sguardo addolorato di Sango, decise di ripondere alla domanda della figlia.
“E’ stato morso da un serpente, Kaeru. O meglio, dallo spirito di un serpente.”
“Probabilmente uno spirito identico a quelli di Yamata no Orochi.” Aggiunse Sango.
Kaeru richiamò alla mente l’immagine del demone. Ricordò vagamente gli spiriti che alleggiavano attorno al destriero di Yamata no Orochi e il pensiero di essere morsa da uno di loro, le fece gelare il sangue nelle vene.
“Quell’armatura,” prese a dire Miroku “Fu il tentativo di soggiogare lo spirito. Il materiale di cui è composta, è lo stesso che forma il mio rosario.” Spiegò, aprendo il palmo della mano dove Kaeru sapeva esserci il Foro del Vento. La ragazza parve incredula.
“Perché non avete liberato Aki da quello spirito?”
Miroku guardò Sango e rispose. “In realtà, non era possibile.”
“Non era possibile?!”
“Liberando Aki dallo spirito, avremmo ucciso anche lui. E’ per questo che Aki indossa quell’armatura.”
“E’-è assurdo.” Balbettò Kaeru.
“E’ la verità.” Disse sua madre.
Dentro Aki… dentro quel ragazzo dimorava uno spirito malvagio. Non riusciva a crederci.
“A quanto pare, l’armatura non è mai stata tolta, altrimenti Aki non avrebbe sembianze umane.”
Kaeru deglutì pesantemente. “Tuttavia,” disse, “Non comprendo il motivo di tanta freddezza.”
“Freddezza?” Domandò Kagome, aggrottando la fronte.
Sango parve capire a cosa la ragazza si riferisse. “Esattamente due mesi dopo, Aki scomparve. Quando lo trovammo, stava dilaniando un intero villaggio.”
“Di-dilaniando?” Kaeru tremò.
“Sì, lo vidi tagliare teste, corpi con l’arma che tutt’ora possiede. Gliela diedi io, pensando che con quella avrebbe potuto difendersi, senza correre il rischio di morire per mano di un demone. Solo adesso, realizzo di essere stata una sciocca! Quell’arma è fatta per uccidere demoni, non esseri umani. Quel maledetto giorno, lo vidi correre al fianco di quel demone!”
“Yamata no Orochi.” Disse Kaeru.
“Sì, lui. Il fatto che Yamata no Orochi abbia assoldato mio figlio, mi porta a pensare che quel morso sia opera di uno dei suoi spiriti.”
“Ma perché Aki avrebbe dovuto unirsi a dei demoni?”
“Tzè, questo non lo so. E non intendo affatto saperlo.”
Sango afferrò la propria arma, riposta in un angolo della stanza e se ne andò, sbattendo violentemente le porte di legno. Kaeru seguì la figura della donna, fino a quando non rientrò più nel suo campo visivo.
“Scusatela.” Mormorò Miroku.
“Non preoccuparti Miroku-san. E’ comprensibile che Sango-chan si comporti a questo modo.” Disse rassicurante Kagome.
“Piuttosto, non capisco il motivo per cui sia tornato.”
“Perché è stato costretto.”
Inuyasha si staccò dalla parete, raggiungendo il fianco di Kagome. Miroku lo guardò con sguardo interrogativo. “Che intendi dire?”
Il mezzo demone scrollò le spalle. “Era assieme a Kaeru nella foresta, probabilmente si era perso quando ha incontrato lei. E dalle parole di quel demone, penso che non abbia fatto esattamente ciò che Yamata no Orochi si aspettava che facesse. L’ha chiamato traditore.”
“Vuoi dire che è scappato?”
“Non lo so, può darsi.”
“Pensi che lo Shikon centri in qualche modo?” Domandò Kagome, sorprendendo non poco Kaeru.
Inuyasha guardò la compagna, infine spostò lo sguardo. “E’ un’ipotesi che non sento di escludere.”
“Q-quel demone, credeva che fossi in grado di vedere la Sfera.” Disse Kaeru tutto d’un fiato.
Kagome, Miroku ed Inuyasha si voltarono a guardarla, sorpresi.
“La sta cercando. Così ha detto.” Finì di dire la ragazza.
I tre rimasero in silenzio, scambiandosi occhiate veloci. Infine, sua madre le venne incontro posandole una mano sulla spalla.
“Tesoro, che ne dici di andare a cercare Sango?”
Kaeru arricciò il naso. “E’ un modo educato per dirmi che devo andarmene?”
Kagome sorrise. “Scusa, amore, quando tornerai ti spiegherò tutto.”
Kaeru sospirò, ma fece come le era stato chiesto. Ancora una volta, era stata esclusa.
Kaeru camminava velocemente all’interno del boschetto del Tempio. Di tanto in tanto, gonfiava le guance indispettita dal comportamento dei suoi genitori. Benché Sango e Miroku le avessero raccontato brandelli del passato di Aki, Kaeru continuava a non capire il perché non si ricordasse affatto di lui. Erano eventi accaduti sei anni fa, quando lei, seppur bambina, era pienamente in grado di intendere e di volere. Tentò di ricordare qualcosa nel suo passato, ma una fitta dolorante la costrinse ad arrestarsi, mentre con una mano prese a massaggiarsi inutilmente una tempia.
Dovevo chiederlo in quel momento, pensò Kaeru.
Quando abbandonò tali pensieri, Kaeru intravide le sponde del laghetto che adornavano l’interno del boschetto. Sorrise. Il lago era il luogo più pacifico che esistesse in quel villaggio. Un luogo ancora più pacifico del villaggio stesso. Kaeru adorava quella piccola oasi di quiete. Rappresentava l’unica forma di distrazione e di pace che conosceva. La ragazza prese a percorrere il piccolo vialetto che portava direttamente alle sponde, mentre i raggi del sole presero a ferire il cielo fino ad allora infuocato. Una leggera brezza, in parte sempre intossicata dall’odore acre del fumo, la investì, sollevando i lembi dello yukata e alcune ciocche di capelli le ricaddero dietro alle spalle. Kaeru sorrise nuovamente, sentendo ogni fibra del suo essere rilassarsi alla vista di quelle acque calme e calde.
Con un gesto esperto, Kaeru si sfilò i geta e immerse i piedi nell’acqua della riva. Il liquido trasparente e vitale prese a lambirle i piedi con una dolcezza che aveva dell’incredibile se comparata agli eventi di qualche ora prima. Deliziata, Kaeru mosse qualche passo fino a quando l’acqua non le lambi la pelle poco sopra le ginocchia. I lembi del suo yukata, bagnati, presero a galleggiarle attorno.
Chiuse gli occhi abbandonandosi a quella sensazione, quando uno sciabordio sinistro delle acque la riscosse da quella pace.
Kaeru guardò nella direzione di un grande masso, esattamente al centro del piccolo lago. La riva era costellata da pietre più o meno grandi, che creavano sicure insenature per l’acqua cristallina.
“Cosa ci fai qui?” Una voce sprezzante le giunse da dietro.
Kaeru si voltò spaventata, ma quel gesto repentino e il fondo scivoloso del lago, la fecero cadere nelle acque del lago. La ragazza sentì l’acqua, improvvisamente gelida, impregnarle le vesti e la pelle sotto ad esse. Kaeru rivolse uno sguardo adirato ad Aki su cui aleggiava un sorriso di scherno.
“Potrei farti la stessa domanda.” Replicò stizzita la ragazza.
Solo allora, Kaeru si rese veramente conto della situazione ed arrossì di colpo. Aki stava di fronte a lei, a dorso nudo e con i pantaloni totalmente bagnati che lasciavano intravedere le gambe magre ma muscolose. I capelli corvini, anch’essi bagnati, aderivano alla pelle del volto e all’incavo del collo. Aveva le guance leggermente arrossate, ma il perché Kaeru non seppe intuirlo.
La ragazza fece per alzarsi di scatto, tentando di mettere fine al disagio che provava, ma un allentamento improvviso delle sue vesti la fece desistere. Arrossendo ancora più violentemente, Kaeru vide la fascia che teneva in vita galleggiare sull’acqua. Fece per afferrarla, ma la sua mano cadde inutilmente in acqua, mentre la corrente trascinava il pezzo di stoffa verso il centro del lago.
Tornò a voltarsi imbarazzata, incrociando l’estremità, adesso libere, del suo yukata di fronte al petto.
“Stavo facendo un bagno.” Disse Aki, senza prestare molta attenzione al disperato tentativo della ragazza di corprirsi.
“Sapevi dell’esistenza di questo lago?” Domandò sorpresa Kaeru. In quel boschetto vi si addentravano solo persone che conoscevano le entrate alterne del tempio. Aki osservò la ragazza con aria di sufficienza.
“Fino a prova contraria sono nato anch’io in questo villaggio e sono stato bambino.”
Con quelle parole, Aki si diresse verso Kaeru, che rafforzò la stretta delle braccia davanti a sé. Il ragazzo, totalmente incurante della sua presenza, le passò accanto inondandola volutamente d’acqua.
“Brutto—“
Kaeru non terminò la frase dal momento che Aki si tuffò in acqua, bagnandola ancora di più. Approfittando dell’assenza del ragazzo, Kaeru si scostò indietro i capelli bagnati, liberando la fronte da essi.
Quando Aki riemerse, Kaeru l’osservò con attenzione.
Al pensiero del loro dibattito verbale e della tranquillità da lui ostentata, Kaeru sollevò un sopracciglio.
Aki scosse la testa, liberandosi fronte e capelli dalle goccioline di acqua dolce.
“Quando ero bambina, anch’io giocavo al Tempio.” Disse Kaeru, con gli occhi puntati contro Aki. “Perché allora non mi ricordo di te?”
Aki aggrottò la fronte, assimilando la strana domanda della ragazza.
“Probabilmente perché non ci siamo mai incontrati.”
“Impossibile.” Ribattè subito Kaeru. “Sango e Miroku mi hanno raccontato tutto. Inoltre il villaggio è molto piccolo e da bambini si giocava tutti quanti assieme.”
Aki rimase in silenzio. “Sai anche di questa?” Domandò, puntando un dito contro la propria armatura. Kaeru fece un semplice cenno col capo.
Aki sospirò, passandosi una mano nei capelli madidi d’acqua. “In realtà, io mi ricordo di te.”
Kaeru sgranò lo sguardo sorpresa. Fece per parlare, ma il ragazzo lo precedette.
“Ma tu non di me.”
Kaeru si alzò in piedi di scatto, dimentica delle proprie condizioni. L’acqua scivolò lungo il suo corpo, lasciando aderire la stoffa dello yukata sulla sua pelle. Notando che lo sguardo di Aki non era affatto rivolto all’altezza del suo volto, arrossì violentemente e tornò a inginocchiarsi in acqua. Dopodiché, si mosse con delicatezza e si fermò a due metri di distanza dal ragazzo.
“Se ci conoscessimo, mi ricorderei di te anche a distanza di anni.”
“Non credo, non dopo quello che è successo.” Ribattè, sprezzante, Aki.
Kaeru sollevò un sopracciglio. “Successo? Cosa sarebbe successo?” Domandò confusa.
“Non puoi ricordarti di me, semplicemente perché non hai più ricordi di me.” Disse Aki, come se la questione fosse banale. Kaeru si accigliò, ancora più confusa. Si sbilanciò in avanti, afferrando le spalle bagnate del ragazzo. Aki allargò le braccia, staccandosi dalla presa della ragazza.
“Non toccarmi.” Ribattè gelido.
“Voglio sapere la verità. Perché non mi ricordo di te?”
“Quel giorno, quando fui morso dallo spirito di un serpente c’era una bambina con me.” Aki rivolse un sorriso beffardo allo sguardo sorpreso della ragazza. “Sì, esatto, quella bambina eri tu. Quella maledettissima bambina eri tu!”
Con uno scatto iroso, Aki si diresse verso la riva, scostando l’acqua con le braccia. Kaeru lo osservò sorpresa, non riusciendo a formulare alcuna parola.
“Ma—“
“Non ricordi niente perché hai rimosso tutto ciò che hai visto.” Disse Aki con tono seccato, afferrando la propria veste da sopra una roccia.
“ E COSA avrei visto esattamente?!”
Aki si rivolse nella sua direzione, rivolgendole una smorfia sprezzante.
“Se sono così, se la mia vita è un completo fallimento, è solo colpa tua. E’ dannatamente colpa tua!” Gridò con quanto più fiato avesse in gola, lasciando stupita Kaeru. Infine se ne andò, lasciando la ragazza sgomenta.
Kaeru si portò le mani alle tempie.
Perché non ricordava niente? Perché era colpa sua?
“Non possiamo farlo, Aki-chan.”
“Se hai paura, allora non venire, stupida.”
“Se scoprono che ci siamo allontanati, ci puniranno.”
“E che vuoi che me ne importi. Andare a caccia di demoni è di gran lunga più esaltante.”
“Siamo troppo piccoli, ci mangeranno!”
“Basta, mi sono stancato di sentirti frignare!”
Una bambina osservò le palizzate del proprio villaggio.
“Insomma, ti vuoi muovere Ka-chan?”
Trattenendo le lacrime, la bambina mosse un passo, seguendo l’amico.
Kaeru si sollevò di scatto, mentre la coperta del proprio futon le cadde con un tonfo sul grembo. Si guardò intorno realizzando che si trattava di un sogno. Assottigliò lo sguardo, ferito da un raggio di luce che prepotentemente filtrava nella sua stanza.
Il sole di un nuovo giorno era alto nel cielo.