Destination Darkness
Personaggi: hp: ginny weasley
Rating: Arancione
Genere: Drammatico
Note: One-shot
Numero parole: 3588
Introduzione: Harry Potter è nato per sconfiggere Voldermort, ma ha fallito. Adesso rimane solo Ginny Weasley a compiangerne la scomparsa. In un mondo dove Male e Bene si mescolano inesorabilmente, Ginny si trova di fronte un destino, una destinazione già scritta da tempo. L'era di Voldermort ha inizio.
Destination Darkness
Girl,
You lived your life like a sleeping swan
Your time has come
To go deeper.
No Fear - The Rasmus
Mosse i polsi in avanti, mentre uno stridio quasi intollerabile le ferì le orecchie. Li sporse ancora più avanti. E avanti. Il dolore della pelle lacerata la indusse a tornare indietro, posando le braccia nuovamente a terra. C'era della pietra sotto di lei, fredda e tagliente come la lama di un coltello. Ed umida. E dannatamente mortale per la sua pelle un tempo delicata. Non c'era luce, non c'erano spiragli in quel buio silenzioso. Chiunque avesse costruito quel luogo, non si era preoccupato di includere delle finestre. Solo una porta di metallo pesante. Una porta che non si era più aperta per un periodo che a lei parve durare secoli.
Gemette, tentando di sollevare il capo da terra.
Quell'azione servì a procurarle ulteriormente dolore, pertanto tornò a riposare immobile.
Tuttavia, riposare non le sarebbe servito a niente. Non sarebbe mai più uscita dalla sua prigione. Si corresse. Vi sarebbe uscita, ma da morta.
Emise un singhiozzo, al pensiero di una fine che non voleva assolutamente che le appartenesse. Voleva morire vecchia, in una casa, nella sua casa, attorno a delle persone che avrebbe riconosciute come sue di diritto. Nipoti, figli e perché no, fratelli. Voleva continuare a vivere la sua adolescenza, innamorarsi di nuovo, piangere per cose stupide e ridere per cose sensate. Fino a quel giorno, aveva pianto. E riso, solo per isteria.
Aveva pianto alla morte di Ron. Aveva riso, completamente pazza, alla morte di Harry Potter. Harry, l'unico che mai, mai, sarebbe dovuto morire. Affondò i denti nelle labbra, fino a sentire il sapore agrodolce del sangue. Harry era morto per la causa. Harry era morto da eroe. Harry era stato egoista. Al pensiero del ragazzo, Ginny Weasley trattenne a stento le lacrime. Si voltò su un fianco, raggomitolandosi su se stessa, incurante della pietra che le lacerava la pelle degli arti. Una guancia venne a contatto con il suolo gelido e per un attimo, per un breve attimo, parve dimenticarsi della situazione in cui riversava.
Dalle sue labbra sfuggì un rantolo soffocato. Quanti giorni avrebbe impiegato per morire?
Niente cibo, niente acqua. Era stata scaraventata in quella stanza senza alcuna pietà. Era stata legata e bendata. Poteva sentire con distinzione le catene magiche che le trattenevano i polsi e la stoffa sporca che le copriva gli occhi. Si sentì improvvisamente spoglia, benché avvolta nel suo mantello azzurro.
Lei. Lei che non era nemmeno un Auror era stata catturata.
Si era da sempre rifiutata di ricoprire quel ruolo. Si voleva troppo bene per sposare in pieno la causa di Silente. La riteneva giusta, ma la guerra era arrivata ad un livello tale da cancellare quel lieve confine che divideva un Auror da un Mangiamorte. Tutto si era mescolato nella sua mente. Il Bene ed il Male avevano creato qualcosa di inscindibile che nemmeno lei sapeva cosa essere, realmente.
Tuttavia, Ginny era certa di una cosa. Si trovava preda di un luogo di cui ignorava l'esistenza, in mano alle schiere nemiche e destinata alla morte più atroce: la morte per agonia. Scusate se non sprizzava proprio gioia da tutti i pori.
Sentiva il corpo debole, per questo la mente divenne il suo unico diletto, benché iniziasse a vacillare pur essa.
Harry Potter aveva solo diciotto anni quando crollò per mano di Voldermort. Una fine che non combaciava affatto con il mistero che avvolgeva la sua nascita. Le erano stati necessari due giorni, due maledettissimi giorni, per convincersi che Harry non era più da nessuna parte. Due giorni, durante i quali non versò nemmeno una lacrima; nemmeno dopo. Solo in quel momento, in quello stato di prigionia, stava piangendo la scomparsa di Harry Potter. E stava piangendo la sua morte, dato che nessuno l'avrebbe compianta, ignari della fine a cui era destinata.
Harry Potter era stato un egoista, perché se ne era andato prima di vedere Ron e lei, morire. Era morto per primo, abbandonando tutti nelle mani del Male supremo ed infrangendo anche le speranze dei più ottimisti. Era morto senza baciare Hermione, senza sapere che con lei, presto sarebbe diventato padre. Ed era morto senza sentire le sue spiegazioni, quelle di Ginny Weasley, la ragazzina perdutamente innamorata. Mai, mai, avrebbe saputo dell'affetto fraterno che provava per lui. Era morto con la tristezza di averla ferita, scegliendo Hermione tra tutte.
Stupido, sospirò. Se avesse avuto carta e penna si sarebbe appuntata 'Dire ad Harry che è uno stupido egoista' nel caso lo avesse incontrato dopo la sua morte. Tanto come promemoria. E poi, poi, avrebbe aggiunto una nota per Fleur. Non intendeva dire ciò che aveva detto l'ultima volta che l'aveva vista. O meglio, lo intendeva, ma bonariamente. Quel vestito a fiori proprio non ne voleva sapere di donarle.
Inoltre, avrebbe detto a Ron di imparare meglio gli incantesimi di Protezione, senza snobbare le lezioni di Divinazione della professoressa Trelawney.
Infine, avrebbe annotato per se stessa di diventare Babbana, rifiutando qualsiasi contatto con il Mondo Magico.
Forse, avrebbe funzionato.
Girl,
Your final journey has just begun
But destiny chose the reaper
Quando udì lo scricchiolio metallico della porta, non ebbe il coraggio di muoversi. Perfino i suoi polmoni si erano rifiutati di inspirare aria, l'unica cosa, al momento, che la tenesse in vita.
E non proferì parola, dal momento che era troppo terrorizzata anche per articolare suono.
Infine, si mosse, portandosi seduta ed appoggiando le spalle contro la parete. Sentì l'impulso di portarsi le ginocchia al petto, benché le catene le impedissero di circondarle con le braccia.
Aveva paura. Paura non di colui che aveva fatto irruzione nella sua pace mortale. Paura di morire in modo diverso da come aveva immaginato; morire per mano di un fottuto Mangiamorte. Morire come suo fratello.
Maledì la benda che portava agli occhi, poiché accentuava il terrore che adesso le scorreva nelle vene. Sentì la vita scorrergli accanto senza sfiorarla, senza degnarla di uno sguardo. Sì sentì persa in quel rumore assordante che le otturava la mente.
Se doveva morire, sarebbe morta con onore. Non si sarebbe piegata ai riprovevoli piaceri di un Mangiamorte; avrebbe affondato i denti nella sua lingua e sarebbe morta soffocata dal suo stesso sangue.
"Sei sempre viva."
Sentì uno strappo all'orecchio destro: il suo udito non era più abituato a suoni articolati, quali erano le parole.
Ginny sollevò un sopracciglio, benché la benda non lo rendesse visibile. Riconobbe una voce strascicata ed un'affermazione molto più simile ad una domanda. Tuttavia non osò rispondere.
Sentì dei passi sul ciottolato di pietra, probabilmente causati dal cuoio del suo visitatore. Aderì ulteriormente al muro, tenendo il capo chino, benché non vedesse niente.
Immaginò che l'uomo - perché ad un uomo apparteneva la voce - fosse a nemmeno due metri di distanza da lei, nel momento stesso in cui percepì una lieve sensazione di calore. Il calore emanato dal corpo dello sconosciuto. Nel freddo di quella cella non era difficile sentirlo.
Sorrise mentalmente al paradosso che aveva creato. Un Mangiamorte che emanava calore. Ron avrebbe riso per una settimana.
Tale pensiero si tramutò in dolore, quando una stretta poderosa le afferrò i capelli rosso fuoco, costringendola ad alzare il volto verso lo sconosciuto. Si trattenne a stento dal gemere, mentre poté immaginare il sorriso malefico che aleggiava sul volto dell'uomo di fronte a lei.
"Gli scarafaggi sono sempre duri a morire." Sibilò il suo visitatore.
Benché privato di forze, il corpo di Ginny ebbe uno spasmo e solo dopo lo schiaffo ricevuto, la ragazza si accorse di aver sputato addosso al suo interlocutore. La guancia dolorante le pulsò, mentre la speranza anche solo di fuggire le scivolò tra le mani nel momento stesso in cui sentì la porta chiudersi con un tonfo pesante.
Sarebbe morta. Adesso, ne era più che convinta.
E sarebbe morta proprio come aveva immaginato, perché nessuno si sarebbe scomodato per abbreviare le sue sofferenze.
Appoggiò la testa contro il muro, tentando di spostare le ciocche di capelli che le invadevano le spalle. Qualcuno, tuttavia, si era preso la briga di entrare in quella cella fetida anche solo per constatare se era sempre in vita. Che gentili. Probabilmente il fatto che fosse sempre viva creava loro delle disagevolazioni. Forse, la suite era riservata a prigionieri più importanti di lei.
Sospirò. Stava diventando terribilmente, atrocemente, sadica.
Girl
Rain falls down from the northern skies
Like poisoned knives
With no mercy
"Alzati."
Quella voce fu come un coltello in pieno petto.
Un nuovo visitatore venne a destare Ginny dal suo sonno senza sogni, schiaffeggiandola con premura di modo che si svegliasse. Ed ebbe da ridire, quando cadde a terra perché le gambe non avevano più un briciolo di forza.
"Sei ridotta proprio male."
Come se fosse dipeso da lei.
Ginny sentì una morsa intrappolarle il braccio. Non si sarebbe ribellata. Non aveva forze, non aveva il coraggio. Sì, esatto. Alla faccia di tutti coloro che si ostinavano a credere Grifondoro una casa di persone impavide. Erano fifoni. Codardi. Vigliacchi. Come tutti.
Ginny si ritrasse al tocco di una mano sul suo volto, ma la stretta poderosa la bloccò all'istante. Sentì la benda che le fasciava la testa strapparsi per mano dello sconosciuto, mentre i suoi occhi si aprirono violentemente senza pensare alle conseguenze. Feriti, gli occhi nocciola della ragazza si chiusero all'istante.
"Avanti, Weasley. Aprili."
Ginny scosse con veemenza il capo. No. Non lo avrebbe fatto.
"Ho detto. Aprili."
La ragazza emise un rantolo, sentendo il braccio ormai completamente torturato dal dolore.
Aprì le palpebre con lentezza, non vide niente. Solo il buio totale.
"So-sono cieca." Farfugliò, sorprendendosi per prima del tono rauco della sua voce.
"Non sei cieca. E' normale."
Ginny rimase in silenzio. Era forse conforto ciò che trapelava dalle labbra dello sconosciuto? Si ricredette subito, quando lui tornò a parlarle.
"Spero che tu sappia ancora camminare, perché non ho la minima intenzione di sporcarmi i vestiti."
Ginny fece una smorfia. Esisteva solo una persona capace di venirsene fuori con un'uscita simile.
"Malfoy." Sibilò.
Ci fu silenzio. "Che onore essere riconosciuto da te, Weaslette."
Senza attendere una sua risposta, Malfoy la strattonò con sè e Ginny faticò non poco per mantenersi in equilibrio.
"Dove mi stai portando?"
"Indovina." Ghignò Malfoy.
Ginny stette zitta e si lasciò trascinare. La sua destinazione, qualunque fosse, poco le importava. Al contrario, pensò ad un modo per raggirare Draco Malfoy, ma la mancanza di vista e forze glielo impedivano. Maledizione, maledizione, maledizione!
Fu sul punto di parlare, quando sentì l'erba sotto ai suoi piedi. "Malfoy?"
"Non ci contare, Weaslette. Non ti sto liberando."
Non c'aveva contato. Solo sperato.
Sentì la pioggia pungerle la pelle ormai scoperta dal mantello. E giurò di provare dolore, come se mille aghi la stessero trapassando da parte a parte. Se anche le gocce d'acqua erano in grado di ferirla, Colui-che-non-deve-nominato avrebbe fatto presto ad eliminarla.
Wow. Voldermort. Avrebbe visto Voldermort. Il Malvagio per antonomasia.
Peccato che non si sentisse in vena di chiedergli un autografo.
Sentì subito il cambiamento di luogo. Non più pioggia a torturarle la pelle, non più erba a solleticarle i piedi.
Non seppe dire per quanto Malfoy continuò a trascinarla, ma capì che era giunto il momento, il suo idillio, quando l'erede dei Malfoy arrestò i suoi passi. Si immaginò un possente portone ergersi di fronte a loro, intarsiato da serpenti.
Non si immaginò, tuttavia, il comportamento di Malfoy. Due mani l'afferrarono per le spalle, sbattendola contro un muro. Sentì il fiato irregolare di lui solleticarle l'incavo del collo e Ginny non seppe se dirsi imbarazzata o meno da quella situazione. Percepì le labbra di Malfoy sfiorarle l'orecchio destro e non riuscì a trattenersi dall'arrossire in modo violento.
"Ma-Malfoy?" Detestò il tono della sua voce.
"Se non vuoi morire, smetti di essere ciò che sei."
Ginny rimase in silenzio.
"Sei carina, Weaslette. Sarebbe un peccato darti in pasto ai Serpenti."
Ginny lo prese come un complimento e non replicò, dal momento che non gli fu data la possibilità di farlo.
Girl,
Close your eyes for the one last time
Sleepless nights
From here to eternity
In quel luogo aleggiava la Morte in persona. Voldermort in persona. E non era tanto stupida da non averlo capito.
Ciò che non aveva capito, era perché non fosse morta prima.
"Perché non volevo che morissi."
Ed il sangue di Ginny si bloccò di colpo, come se ghiacciato da tali parole. Una voce metallica, logorata dal tempo si alzò decisa nell'immensità della stanza. La voce di Volderrmort, ne era certa. Quando Ron era sempre in vita, le aveva raccontato di aver incontrato una sola volta l'Oscuro. Le aveva descritto la voce del Male come capace di penetrare dentro l'anima di chiunque, per farne ciò che voleva, strappandola, per diletto anche, al suo possessore.
Aveva gli occhi aperti e lo sapeva. Il buio aveva preso a diradarsi, ma non vedeva niente se non una macchia rossastra laddove puntava le iridi color nocciola.
"Perché sono qui?" I Mangiamorte, attorno a lei, interpretarono quella domanda come un insulto.
"Oh, per una ragione molto semplice, piccola Weasley."
Non era piccola. Non era piccola Weasley ormai da un sacco di tempo. Voldermort rise ai suoi pensieri. Logico, un Legimens.
"Sentiamo." Stava osando oltre l'osabile.
Ginny sentì il fetore provenire dal corpo semi-umano di Voldermort e si trovò ad arricciare infantilmente il naso.
"Un solo nome dovrebbe dirti tutto, piccola Weasley."
"Un solo nome?" Ripetè.
"Oh, sì. Non ti dice niente, Tom. Tom Riddle?"
"T-Tom..." Farfugliò Ginny.
"Sì, Tom. Il tuo migliore amico. Colui a cui confidasti tutto ciò che opprimeva la tua anima."
"Il... il mio-migliore-amico."
Tom. Tom Riddle. Colui che aveva amato forse più di Harry Potter. Colui a cui aveva dato libero accesso agli angoli più remoti e più nascosti della sua anima. Colui che l'aveva usata per incarnare dentro di lei l'Oscuro Signore.
Tom era l'Oscuro Signore.
Tom Riddle era un nome che le diceva tutto.
Ginny trasalì, sentendo un tocco gelido sul suo volto e l'odore fetido di Voldemort invaderle violentemente le narici.
"Tu vuoi rivedere Tom, non è vero piccola Weasley?"
Sì. Desiderava vedere Tom. Il suo Tom.
E quel pensiero la vide perduta per sempre.
La risata gelida di Voldemort echeggiò forte, lacerandole l'orecchie e la mente.
"TU, piccola Weasley, non puoi capire la mia frustrazione," Il tono di voce di Voldermort era diventato falsamente addolorato. "Nell'aver scoperto di essermi impossessato del corpo di una Weasley, di essermi innamorato di una reietta Babbanofila." Quelle parole le giunsero all'orecchio come il sibilo di un serpente.
"Tom esiste mia cara. Lui non è morto. E' vivo e ti sta guardando."
Voldermort si ritrasse disgustato ed si voltò nel suo mantello. Camminò verso il suo trono di morte. Ma non vi sedette, bensì alzò le braccia in alto, rivolgendo la parola ai suoi fedeli Mangiamorte che lo accerchiavano con una devozione senza eguali.
"Miei fedelissimi! Oggi avete l'onore di assistere ad una nuova nascita! Gioite con me."
I Mangiamorte emisero mormorii sconnessi. Voldermort sorrise malefico, fissando la smunta figura di Ginny Weasley che stava in piedi a pochi metri di distanza da lui.
"Sei anni fa ho fatto di un'anima innocente un peccato." Sibilò. "Oggi, pretendo questo peccato come mio di diritto."
Ginny sollevò lo sguardo.
"Inchinatevi di fronte a Ginevra Molly Weasley, colei che vi guiderà nella distruzione del mondo, per tutta l'eternità che sarà necessaria."
Ginny si sentì soffocare, mentre gli occhi tornavano a vedere ciò che lei avrebbe voluto dimenticare. Ciò che lei non avrebbe mai voluto diventare. In un gesto meccanico, si portò le braccia al petto, chinando il capo di fronte all'era di Voldermort.
Inesorabilmente, si sentì sprofondare in un dove a lei del tutto sconosciuto. Sentì una sola lacrima rigarle la guancia arrossata dalle ferite. Sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe pianto, perché Ginny Weasley, la spensierata ragazza di Hogwarts, si stava lentamente addormentando.
Il senso, la destinazione della sua vita. Adesso l'aveva afferrata.
"Inchinatevi di fronte alla mia erede." Voldermort ruggì. "Perché questo è solo l'inizio della fine."